15 agosto 2024. L’omelia dell’Abate Luca nella Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria.

Assunzione della b. v. Maria                                                                                                 15 agosto 2024

Letture: Ap 11,19a; 12,1-6a; Sal 44 (45); 1 Cor 15,20-27a; Lc 1,39-56

In questa solennità dell’Assunta il nostro sguardo è sollecitato ad alzarsi in alto, per contemplare la vergine Maria pienamente partecipe della gloria di Dio, nel Regno dei cieli. In lei riconosciamo il segno di cui ci ha narrato nella prima lettura il Libro dell’Apocalisse: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. È un’immagine di vittoria, di compimento, di vita piena. Questa donna risplende di tutta la luminosità del cielo e dei suoi astri: il sole, la luna, le stelle.

Al tempo stesso il nostro sguardo è invitato a continuare a guardare alla terra e alla nostra storia, ai tanti drammi dai quali è segnata in ogni stagione della sua vicenda. Questa donna, infatti, continua a essere minacciata dall’enorme drago rosso di cui sempre l’Apocalisse ci parla, e deve fuggire nel deserto, dove Dio le ha preparato un rifugio. È già partecipe della vittoria del cielo, eppure continua a combattere, nel deserto, contro ogni forma di male, simboleggiata da quel drago. Non si tratta di avere uno sguardo strabico, con un occhio in cielo e l’altro sulla terra. Si tratta piuttosto di imparare a discernere e a giudicare la storia e le sue tragedie, ma nella luce del cielo, nella luce cioè della vittoria pasquale di Cristo, che possiamo riconoscere in quel figlio della donna già rapito verso Dio e verso il suo trono. Anche noi, insieme alla donna, qui nella nostra terra e nella nostra storia dobbiamo continuare a combattere contro tante forme di male che ci minacciano, ma possiamo farlo con coraggio e con fiducia perché Cristo, con la sua Pasqua, ha già vinto e ci promette di rendere anche noi partecipi della sua vittoria pasquale, di quella vittoria di cui ci ha parlato san Paolo nella seconda lettura, tratta dalla prima lettera ai Corinzi. Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti, e in lui tutti riceveranno la vita, perché egli ha messo ogni cosa, anche la morte, anche il drago rosso dell’Apocalisse, sotto i suoi piedi.

Sì, è vero, dobbiamo continuare a combattere il drago che ci minaccia, ma possiamo farlo con la fiducia di chi sa di essere vittorioso. Dobbiamo allora anche domandarci quali forme concrete assuma il drago nella nostra storia, per comprendere contro che cosa dobbiamo combattere e vincere, grazie alla vittoria pasquale del Signore Gesù.

Oggi siamo in particolare invitati a pensare al dramma della guerra. Il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, ha invitato in questa solennità dell’Assunta a un momento intenso di preghiera, per affidarci all’intercessione della beata vergine Maria, assunta in cielo. Nel suo messaggio, rivolto in particolare alle comunità cristiane in Terra Santa, ma che dobbiamo percepire come rivolto anche a noi, egli scrive: «Di fronte alle tante parole di odio, che vengono pronunciate troppo spesso, noi vogliamo portare la nostra preghiera, fatta di parole di riconciliazione e di pace».

Pensiamo però anche a realtà più vicine a noi, alle nostre comunità cristiane, alle nostre famiglie, a ogni situazione in cui sembrano prevalere le incomprensioni, le inimicizie, i conflitti, le false accuse, i mille modi con cui il drago rosso dell’Apocalisse ci minaccia, tentando di gettare tra noi divisione e discordia. Anche in queste realtà, guardando a Maria Assunta e alla sua vittoria nella Pasqua di Gesù, dobbiamo rimanere capaci di combattere il drago con parole di riconciliazione e di pace, di verità e di giustizia, che sappiano gettare ponti di comunione laddove altri tentano di innalzare mura di divisione.

Maria che è assunta in cielo, ma che rimane con noi nel combattimento del deserto, non solo intercede per noi e ci sostiene, ma ci insegna anche come combattere e come vincere il drago. Ella, in particolare, ci suggerisce quali siano le armi efficaci che dobbiamo imparare a utilizzare. Ne ricordo tre, come ci vengono suggerite dalla parola di Dio che abbiamo ascoltato.

La prima arma è la fiducia. Dobbiamo dare credito alle promesse di Dio, che in Maria si sono già pienamente realizzate, e che – ne siamo certi – si realizzeranno anche per ciascuno di noi. Quando Maria, dopo l’annuncio dell’angelo, si reca da Elisabetta, questa l’accoglie con parole di benedizione, dicendole: «Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Maria combatte contro il drago anzitutto con questa arma della fiducia e della fede nella parola di Dio, che è sempre una parola di benedizione, che non solo promette, ma realizza il bene, la giustizia, la verità. È una parola di risurrezione e di vita. È una parola che sconfigge le menzogne e le seduzioni del drago. È una parola che attua ciò che promette assicurandoci che come Cristo è risorto dai morti, così anche noi risorgeremo con lui. Se, nel corso della storia, abbiamo spesso la sensazione che i nostri tentativi di operare il bene siano inefficaci e deludenti, Dio ci promette che invece troveranno pienezza e compimento nel suo Regno. Come il bambino partorito dalla donna è rapito presso Dio e presso il suo trono, e il drago non può nulla contro di lui, così anche i segni di bene che il nostro impegno riesce a generare, non andranno persi, ma saranno custoditi per sempre da Dio, nel suo Regno.

La seconda arma è quella della dedizione e del servizio. Maria, anche se custodisce un segreto indicibile nel suo grembo, non rimane chiusa in se stessa, ma con sollecitudine corre da Elisabetta per aiutare e servire la sua più anziana parente. A farla correre con fretta e con sollecitudine è proprio il bimbo che custodisce nel suo ventre, che è colui che è venuto tra noi non per essere servito, ma per servire. Nel suo Magnificat Maria si definisce anche lei serva, come suo figlio, affermando che Dio «ha guardato all’umiltà della sua serva». Il drago combatte con le armi del potere, della violenza, del dominio, della superbia. Maria combatte con le armi dell’umiltà e del servizio, eppure, contro ogni apparenza, sono proprio queste le armi vincenti. Dobbiamo tutti imparare da Maria a vivere nell’umiltà del servizio, per sconfiggere le logiche contrapposte del potere e del dominio.

La terza arma è il Magnificat che Maria canta. È l’arma della lode, del ringraziamento, della gratitudine. Pur dentro le sofferenze della nostra vita personale, o dentro quelle più ampie e dirompenti della storia del mondo, dobbiamo rimanere capaci di magnificare Dio, di benedire, lodare, ringraziare. Dio e gli altri. Dio e i nostri fratelli e sorelle più prossimi. Ringraziare e benedire significa riconoscere che, pur dentro la nostra storia così travagliata, ci sono tanti semi di bene che vanno accolti, custoditi, incoraggiati, aiutati a crescere. Occorre sempre saper vedere il bene e mettersi dalla sua parte, per vincere chi, come il drago, opera il male. Torniamo un’ultima volta a gettare uno sguardo alla pagina dell’Apocalisse. Il drago è enorme, imponente, terrificante, sembrerebbe invincibile. Quello partorito dalla donna è invece soltanto un bambino, un neonato, debole, inerme, impotente. Eppure è lui a vincere. E con lui vinceranno anche i piccoli semi di bene che sapremo generare con il nostro impegno per la giustizia, la verità, la concordia, la pace. E per i quali, come Maria, dobbiamo ringraziare e magnificare Dio, l’Onnipotente e il Santo, che disperde i superbi nei pensieri del loro cuore, rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili, e proclama beati, e suoi figli, tutti gli operatori di pace.

 

Foto: Zeroproduction