“Abbiamo bisogno dell’ ‘oculata fides’, una fede che vede quello che rimane nascosto e invisibile agli occhi e cioè il mistero della risurrezione di Gesù, la certezza che egli è vivo presso Dio”
DOMENICA DI PASQUA RISURREZIONE DEL SIGNORE 2022
Il primo giorno della settimana, nel quale si compie il mistero ineffabile della Risurrezione di Gesù, richiama il primo giorno della creazione. La risurrezione di Gesù, di fatto, è una “nuova creazione”, l’inizio di una vita nuova per tutti coloro che aderiscono a Lui. È bello, inoltre, pensare che come all’inizio della creazione la prima cosa che Dio creò dal nulla fu la luce, così anche nella risurrezione di Gesù è la luce della vita a trionfare sulle tenebre della morte.
Per questo, anche se è invalsa l’abitudine anglosassone di collocare la domenica nel fine settimana (week-end), per il cristianesimo, la Domenica è il “primo giorno della settimana”, che, richiamando la luce della Risurrezione di Gesù, avvalora e illumina gli altri giorni che seguono. La Domenica ha dunque lo scopo di rischiarare la settimana che ci si apre dinanzi, imprimendovi la presenza del Risorto, che ci accompagna giorno dopo giorno, per liberarci dalle nostre rassegnazioni e paure, dalla superficialità di una vita troppo ancorata sulla nostra presunta autosufficienza, dalle tenebre del peccato. Insomma, la Domenica, Pasqua della settimana, è il giorno in cui la Chiesa ci chiama a raccolta nella celebrazione dell’Eucaristia per ravvivare la nostra fede alla luce del Risorto affinché possa ispirare i nostri passi nel cammino della vita.
Anche la corsa della Maddalena, prima, e di Pietro e Giovanni poi – da e verso il sepolcro in cui era stato deposto il corpo di Gesù – è una metafora della fede, di una fede non statica, ma sempre in cammino, anzi di una fede che corre nelle pieghe della vita quotidiana, animata dal bisogno di vedere, di comprendere e, soprattutto, di affidarsi al Signore perché – resa salda alla luce della sua Risurrezione e della speranza che da essa sprigiona – possa essere tradotta in gesti di carità. Può esserci, infatti, una fede che si muove, ma che ancora non vede, una fede, cioè, non completa, dove manca quell’atto di adesione concreta alla luce del Signore Risorto, atto senza del quale la fede rimane monca e non genera il bene che dovrebbe generare.
Ma ritorniamo brevemente ai personaggi della pagina evangelica odierna. L’evangelista annota che la Maddalena si era recata al sepolcro «quando era ancora buio». All’interno dell’intreccio simbolico di cui è ricco il Vangelo di Giovanni, questa annotazione, più che di natura meteorologica, allude allo stato interiore della Maddalena. Era il suo cuore, triste ed accasciato, ad essere avvolto nel buio a motivo della morte di Gesù. In quel momento il cuore della Maddalena non era ancora illuminato dall’incontro col Risorto.
Come abbiamo sentito, dopo essersi resa conto che il sepolcro era vuoto, la Maddalena corre da Pietro e da Giovanni per informarli che il corpo di Gesù era scomparso. Questa costatazione rappresentava per lei un ulteriore motivo di tristezza, che andava ad aggiungersi a quella che già ottenebrava il suo cuore sconsolato. E tuttavia, quella corsa fisica stava mettendo in moto qualcosa che avrebbe modificato il senso degli eventi.
Gli altri due personaggi che, accanto alla Maddalena, campeggiano in questo racconto evangelico sono Pietro e Giovanni. Anche loro, appena udita la notizia della scomparsa del corpo di Gesù, si mettono a correre in direzione del sepolcro. L’evangelista annota che «correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò».
Da una parte Pietro – la “pietra” su cui Gesù aveva voluto edificare la sua Chiesa –, simbolo dell’istituzione, del corpo ecclesiale nel quale il credente è accolto attraverso il battesimo e dal quale è sostenuto nel suo cammino di fede. Dall’altra Giovanni, simbolo del credente il cui cuore è illuminato dalla chiaroveggenza dell’amore. Non solo a motivo della sua giovane età, dunque, ma – a livello simbolico – è soprattutto a causa dell’amore grande che stava riprendendo vigore nel suo cuore che Giovanni corre più velocemente. È la chiaroveggenza dell’amore – l’amore appunto che sa vedere chiaro e prima – a mettergli le ali ai piedi, sospinto dal desiderio di verificare l’inspiegabile, e cioè il mistero della Risurrezione di Gesù!
Nel nostro cammino di cristiani abbiamo dell’una – della Chiesa che ci ha partorito alla fede – e dell’altro – del cammino personale di adesione al Cristo Risorto – senza del quale la nostra fede, la nostra speranza e la nostra carità rimarrebbero prive di vigore, di luce e di calore, e ridotte a formule stanche e vuote, con poca o nessuna vita.
Ecco perché di Pietro si dice semplicemente che «entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario…» (il suo osservare è stato un vedere neutro, una mera costatazione visiva), mentre di Giovanni si afferma che, una volta entrato nel sepolcro, «vide e credette» (il suo “vedere” è stato un vedere profondo, animato dall’amore, quello che gli ha rinvigorito la fede).
Anche la nostra fede, sorelle e fratelli carissimi, ha bisogno di occhi interiori capaci di bucare l’invisibile. Non possiamo accontentarci di sentirci parte più o meno convinta della Chiesa. Dobbiamo lasciarci coinvolgere in una ricerca personale che, pur condotta all’interno del corpo ecclesiale, ci porti a sperimentare personalmente l’incontro vivo con il Risorto, incontro che cambia e vivifica il nostro cammino, lasciando in esso un’impronta divina che lo illumina e lo corrobora.
Abbiamo bisogno dell’oculata fides, una fede che vede quello che rimane nascosto e invisibile agli occhi della carne, e cioè il mistero della risurrezione di Gesù, la certezza che egli è vivo presso Dio, presso la fonte dalla quale il Risorto continua ad attingere l’Amore che poi riversa su di noi!
Questa fede che sa vedere, perché illuminata dall’Amore di Dio, l’abbiamo tutti ricevuta nel Battesimo. Da quel momento la nostra vita è diventata una corsa, una corsa che ogni giorno riprendiamo daccapo per andare incontro al Signore Risorto che si manifesta nella nostra quotidianità. Lì siamo chiamati a scoprire le tracce luminose che Egli lascia sul nostro cammino affinché, riconosciutele, possiamo diventare anche noi piccole luci nelle tenebre del mondo, luci che mantengano viva la speranza che l’ultima parola non sarà quella della morte, ma della vita, quella che ora si declina nella ricerca sincera della fratellanza, del dialogo, della condivisione, del bene comune, quella – in una parola – che è illuminata dal dono di sé umile, sincero, gratuito, e chi ci prepara l’ingresso nella vita senza fine, là dove il Risorto ci attende. E così sia.