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“Chiediamo al Padre che è nei cieli la grazia di riuscire sempre a porre dei piccoli segni di luce, di vita nuova, là dove siamo,nell’ordinarietà della nostra esistenza.” La Veglia pasquale nella Notte Santa a Montecassino

“Chiediamo al Padre che è nei cieli la grazia di riuscire sempre a porre dei piccoli segni di luce, di vita nuova, là dove siamo, nell’ordinarietà della nostra esistenza.” La Veglia pasquale nella Notte Santa a Montecassino.

La pioggia battente di un sabato di primavera, ma con temperature prettamente invernali, ha concesso una pausa in questa notte Santa ed ha permesso che si svolgesse come di consueto il tradizionale rito con il fuoco all’esterno della Basilica Cattedrale.

Tanti i fedeli raccolti già alle 22.30 ai cancelli esterni dell’Abbazia in attesa che venissero aperti per arrivare con un po’ di anticipo e vivere, così, i sempre emozionanti momenti che precedono l’ingresso nella Basilica completamente buia.

Fuoco,acqua, luce e buio alcuni degli elementi fortemente evocativi di questa notte Santa in cui è stato preparato e poi esposto il cero pasquale – che ci accompagnerà per tutto l’anno – con i suoi simboli racchiusi tra le lettere alfa e omega, il Cristo che è inizio e fine.

L’ingresso in processione nella Basilica a luci spente ha reso ancora più solenne l’attesa e l’arrivo del ‘Gloria’ accompagnato dalle note imponenti del maestro Michele D’Agostino che hanno annunciato -insieme al suono delle campane – la gioia del Cristo che risorge.

La festa, quindi, dopo il silenzio di questi giorni, la luce – attinta dal cero acceso dall’Abate Luca- che torna ad illuminare il cammino di ciascuno nella personale esistenza terrena.

E nella sua omelia l’Abate Luca ha evidenziato proprio i tanti gesti e simboli di luce in questa notte Santa in cui Zeno e Violante hanno ricevuto il sacramento del Battesimo, e ha invitato a chiedere al “Padre che è nei cieli questa grazia: quella di riuscire sempre a porre dei piccoli segni di luce, di vita nuova, là dove siamo, nell’ordinarietà della nostra esistenza.”

Di seguito il testo integrale della sua omelia:

VEGLIA PASQUALE
Montecassino, 8/9 aprile 2023

La grande liturgia della parola di questa Veglia si è aperta con una parola di luce: «Dio disse: ‘sia la luce’. E la luce fu». Questa è la prima parola che Dio pronuncia nella storia della salvezza. Una parola che vince la notte, che dirada le tenebre. E questa parola di luce Dio continua a ripeterla incessantemente nella storia della salvezza, e la ripeterà fino a quando ogni cosa non sarà giunta a compimento nella Gerusalemme del cielo: allora, secondo l’Apocalisse, non vi sarà più notte, e non avremo più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio ci illuminerà (cf. Ap 22,5). In quel giorno Dio non solo dirà parole di luce, ma egli stesso sarà per noi luce.

Le tante letture che abbiamo ascoltato in questa veglia, non hanno fatto altro che farci percepire l’eco di quella prima parola, il suo continuare a irradiarsi nelle tenebre della nostra storia. Dio dice una parola di luce per Abramo, quando torna a donargli come figlio Isacco, dopo avergli impedito di sacrificarlo. E ora Abramo può davvero accoglierlo come dono, perché ha imparato, attraverso la prova terribile del sacrificio, a non vantare alcun possesso su di lui. Dio torna a dire una parola di luce per Israele, quando lo rende davvero popolo libero, non solo affrancandolo dalla schiavitù dell’Egitto, ma liberandolo dalla sua paura e dalla sua incredulità attraverso il passaggio, altrettanto terribile, nelle acque del Mar Rosso. Ed è stato davvero, come per Abramo, un passaggio nella morte. Ma è da questa morte che Israele rinasce come popolo libero e credente. Dio torna a dire una parola di luce per il suo popolo in esilio, quando lo consola e gli promette di tornare a mostrargli il suo volto, dopo averlo per un attimo nascosto, ma solo per un attimo, come ci ha ricordato il profeta Isaia nella quarta lettura. Dio ripete ‘sia luce’ quando ci illumina e ci aiuta a comprendere che le nostre vie non sono le sue vie, i suoi pensieri non sono i nostri pensieri. È stato sempre Isaia a ricordarcelo, così come ha fatto il profeta Baruc, sollecitandoci a camminare nelle vie di Dio, che sono vie di luce e di pace. E ci ha chiesto di diventare anche noi luminosi come le stelle – è una immagine così bella che dovremmo impararla a memoria – «le quali hanno brillato nei loro posti di guardia e hanno gioito, egli le ha chiamate ed hanno risposto ‘Eccoci’, e hanno brillato di gioia per colui che le ha create». Siamo noi capaci di tanta obbedienza, di tanta luce, di tanta gioia? Infine, nella settima e ultima lettura, attraverso Ezechiele Dio ci ha promesso che la sua parola di luce è una parola di vita e di risurrezione. Ed è una parola che non si limita di illuminare il nostro cammino, ma scende e penetra nell’intimo del cuore, rendendolo un cuore nuovo, un cuore di carne.

Questa parola di luce Dio è tornata a dirla, in modo pieno, in modo insuperabile, nelle tenebre del sepolcro di Gesù. Ha illuminato anche quella oscurità, anche quella notte. Secondo il racconto di Matteo, le donne vanno al sepolcro «all’alba». È l’alba di un nuovo giorno: Il sole sta già sorgendo perché Cristo è risorto, perché il Padre è tornato a dire ‘sia luce’ anche dentro la tenebra della sua morte. Anche dentro la tenebra del nostro peccato, della nostra cecità, della nostra incredulità, del nostro rifiuto. Lo abbiamo ascoltato venerdì santo, nel racconto della passione secondo Giovanni: quando Giuda esce dal cenacolo, dopo aver preso il boccone offertogli da Gesù, l’evangelista scrive che ‘è notte’. È questa notte, la notte del nostro male e del nostro peccato, che Dio torna a illuminare, non solo illuminando il sepolcro di Gesù, ma donandoci il suo Figlio risorto come luce vera del mondo. Lo abbiamo affermato con il gesto liturgico con cui, in questa notte, abbiamo acceso il cero pasquale, segno della presenza di Cristo in mezzo a noi. Cristo è davvero tra noi, risorto e vivente, Cristo che abbiamo acclamato come luce del mondo, luce gioiosa, luce nella nostra notte. Oltre all’accensione del cero pasquale, altre parole di luce, altri gesti luminosi stanno caratterizzando la nostra preghiera. All’inizio della nostra veglia, dopo che è stato acceso il cero pasquale, alla sua fiammella abbiamo acceso le nostre candele: la luce di Cristo risorto non illumina soltanto la notte, rende anche noi luminosi, perché nel battesimo ci rende partecipi della sua Pasqua e della sua vittoria sulla notte.

Un altro gesto luminoso è proprio il nostro vegliare nella preghiera. Vegliare e pregare esigono da noi il coraggio della speranza. Affermano che possiamo essere più forti non solo del sonno, ma di tutto ciò che la notte simbolicamente rappresenta. Anche questo lo abbiamo ascoltato nei racconti di passione durante la settimana santa: Gesù invita i discepoli a vegliare e pregare con lui, ma essi non ci riescono: sono oppressi dal sonno. Noi, al contrario, in questa notte vegliamo e preghiamo con Gesù, perché la sua risurrezione ci rende luminosi e più forti del sonno e della notte.

Un altro gesto di luce sarà il battesimo che due bambini riceveranno, e ciascuno di noi sarà a sua volta chiamato a fare memoria del proprio battesimo e a rinnovare le promesse battesimali, rinunciando al peccato per aderire fermamente a Cristo e in lui, nel dono dello Spirito Santo, al Padre che è nei cieli. Anche il battesimo è un segno di luce. Sin dalla tradizione antica della Chiesa il battesimo viene definito “illuminazione”. Nella lettera agli Efesini san Paolo cita un versetto di quello che probabilmente è un antico inno battesimale, che dice: «Svegliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà» (Ef 5,14). Rinascere dalle acque del battesimo significa essere illuminati da Gesù. La vita è luce, è rimanere, camminare nella luce. Quando un bambino nasce, diciamo che è venuto alla luce. Quando rinasciamo dal battesimo, noi veniamo alla luce vera, a quella luce che è Cristo, luce vera del mondo.

All’inizio della nostra veglia, nel canto dell’Exultet, abbiamo ascoltato queste parole: «Ti preghiamo, Signore, che questo cero, offerto in onore del tuo nome per illuminare l’oscurità di questa notte, risplenda di luce che mai si spegne». La luce del Risorto non si spegne, la notte è vinta. Ma se la luce del Risorto non si spegne, questo significa che anche a noi è donato non solo di continuare a rimanere nella luce, ma è concesso di continuare a essere luminosi, a essere segno e trasparenza per altri della luce del Signore Risorto. Allora chiediamo al Padre che è nei cieli questa grazia: quella di riuscire sempre a porre dei piccoli segni di luce, di vita nuova, là dove siamo, nell’ordinarietà della nostra esistenza. Dio all’inizio della creazione ha detto questa parola: Sia luce. La continua a dire anche a ciascuno di noi, nel suo Figlio risorto: anche tu, sii luce!

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