“Il pane eucaristico di cui ci nutriamo fa dimorare Dio in noi”: le parole dell’abate Luca oggi, Solennità del Corpus Domini

Domenica di Corpus Domini in Abbazia oggi 11 giugno

Sempre molto sentita e anche particolarmente attesa la Celebrazione per il Corpus Domini a Montecassino.

Sì, perchè, è anche una occasione per seguire la Processione Eucaristica dalla Basilica Cattedrale, attraversando il Chiostro dei Benefattori per raggiungere la  Loggia del Paradiso che sovrasta il Chiostro bramantesco .

Si tratta di una opportunità pressoché unica per molti, per poter guardare i chiostri dall’alto, da una prospettiva diversa che permette anche di affacciarsi sulla valle verso il cimitero polacco dove riposano poco più di 1000 giovani soldati che hanno perso la loro vita combattendo a Montecassino nel 1944.

La pioggia improvvisa, però, ha impedito che ci si fermasse al centro della Loggia, dove ogni cosa era pronta per l’adorazione e la benedizione con l’ostensorio verso tutto il territorio. La processione, quindi è rientrata in Basilica per proseguire con la Celebrazione terminata poco dopo le dodici.

Nelle parole dell’Abate Luca  il significato profondo di questa Solennità, che ci ricorda, appunto, la presenza vera di Cristo nell’ostia consacrata.

Di seguito il testo integrale dell’Omelia pronunciata questa mattina a Montecassino:

Corpo e Sangue del Signore
11 giugno 2023

Letture: Dt 8,2-3.14b-16a; Sal 147; 1Cor 10,16-17; Gv 6,51-58

Celebriamo oggi il mistero del Corpo e del Sangue del Signore che, nei segni del pane e del vino, nutre la nostra vita e ci dona la gioia di una piena comunione con Dio e tra di noi. In particolare le tre letture bibliche che abbiamo ascoltato ci aiutano a porre al cuore della nostra attenzione tre aspetti di questo mistero: quello che riceviamo come cibo spirituale è il pane del cammino, è il pane della comunione, è il pane della vita eterna. Vorrei brevemente approfondire con voi queste tre dimensioni dell’unico mistero, lasciandoci illuminare dalla Parola di Dio che è stata proclamata.

Nel libro del Deuteronomio, attraverso il suo profeta Mosè, Dio invita Israele a ricordare tutto il cammino che ha dovuto percorrere in quaranta lunghi anni nel deserto, nutrito di manna, un pane non prodotto dal lavoro dell’uomo, ma accolto come dono dal cielo, segno che non viviamo di solo pane, ma di quanto esce dalla bocca del Signore. Vale a dire: a farci davvero vivere non è ciò che noi produciamo con il nostro impegno, ma ciò che Dio ci dona nella sua misericordia e nella sua gratuità. Ricordare il cammino per Israele, ed anche per noi, deve significare proprio questo: fare memoria di come Dio ci ha fatto camminare, ci ha sostenuto, ci ha guidato, ci ha aperto una strada persino attraverso il mare e attraverso il deserto, trasformando luoghi di morte in luoghi di vita, di rinascita, di risurrezione.

Il cammino che dobbiamo ricordare, il cammino che Dio ci consente di percorrere donandoci la sua manna e ogni suo altro dono, è proprio questo: un cammino che ci fa passare dalla schiavitù alla libertà, dalla morte alla vita, dalla paura alla fede, dalla disperazione alla speranza. Molti di voi, per venire sin qui e partecipare a questa celebrazione, hanno dovuto affrontare un cammino, più o meno lungo. Ma più che un cammino geografico, si tratta di un cammino spirituale.

Il pane del cammino

Sempre il Deuteronomio afferma che Dio ci fa camminare, anche attraverso vie di umiliazione e di prova, per sapere quello che abbiamo nel cuore. In verità lui lo sa bene, giacché ci conosce meglio di quanto noi conosciamo noi stessi. Siamo noi a non sapere che cosa ci sia davvero nel nostro cuore. Quali sono le speranze che lo abitano, ma anche quali le angosce, le delusioni, i turbamenti. Ebbene, donandoci il suo pane, che è suo Figlio morto e risorto, Dio ci fa vivere un cammino pasquale. Giungiamo così a conoscere ciò che davvero c’è nel nostro cuore, e scopriamo che, pur dentro tutte le ombre che lo abitano, è Dio stesso a dimorare in noi con la sua luce, con la sua pace, con la sua gioia, con la sua vita.

Il pane eucaristico di cui ci nutriamo fa dimorare Dio in noi, e allora possiamo conoscere e sapere che cosa davvero c’è nel nostro cuore. Non ci sono solo i nostri sentimenti, positivi o negativi, i nostri affetti, le nostre emozioni. C’è anzitutto lui, con il suo amore, con la sua misericordia, con il suo perdono, con la sua vita nuova. E allora il pane del cammino ci consente, nonostante tutto, di camminare nella speranza, perché siamo certi che Dio cammina con noi, anzi dentro di noi, e noi in lui. È lui la via, e il pane del cammino ci fa camminare in lui.

Il pane della comunione

San Paolo, scrivendo alla comunità di Corinto, ci aiuta a comprendere un secondo aspetto di questo pane: è il pane della comunione. Infatti, egli scrive, «poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane». In un saggio del 1960, l’allora giovare teologo, poco più che trentenne, Joseph Ratzinger, il futuro papa Benedetto XVI, affermava

I Padri dicono: essi diventano (o dovrebbero diventare) “corpo di Cristo”. Ed è questo l’autentico senso della Santa Comunione: che i comunicanti divengano tra loro una cosa sola per mezzo dell’uniformarsi all’unico Cristo. Il senso primario della Comunione non è l’incontro del singolo con il suo Dio – per questo ci sarebbero anche altre vie – ma proprio la fusione dei singoli tra loro per mezzo di Cristo. Per sua natura la Comunione è il sacramento della fraternità cristiana.

C’è dunque questa forte relazione tra il corpo di Cristo al quale comunichiamo e il corpo di Cristo che noi diventiamo, mangiando insieme dello stesso pane. Sant’Agostino lo afferma con una di quelle sue frasi sorprendenti per essenzialità e incisività. Sei parole latine che diventano otto parole italiane: estote quod videtis, accipite quod estis: «siate ciò che vedete, ricevete quello che siete». Ricevendo il corpo di Cristo riceviamo il nostro essere corpo di Cristo. Noi siamo corpo di Cristo, membra diverse dello stesso corpo di cui Cristo è il capo. Ecco che il pane del cammino diventa anche il pane della comunione.

Il pane della vita eterna

Infine, nel Vangelo di Giovanni, Gesù afferma di essere il pane della vita eterna. «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,54). Il pane eucaristico non solo nutre questa nostra vita, ma ci dona una vita nuova, diversa, qual è la vita eterna. Una vita più forte della morte, che ci rende partecipi della risurrezione di Gesù e della sua vita che non muore più. Una vita che va oltre la morte, senza rimanere per sempre prigioniera delle sue catene.

Vita eterna, però, nel vocabolario del Vangelo secondo Giovanni, ha anche un altro significato, più attuale, in quanto riguarda non solo la nostra vita futura, ma già la nostra vita presente. Vita eterna significa una vita che già partecipa della qualità della vita di Dio. E la vita di Dio è qualificata dall’amore, dal dono di sé, dalla gratuità, dalla misericordia e dal perdono, dalla fecondità. Allora, il pane eucaristico di cui ci nutriamo, ci dona già adesso, nel corso della nostra storia, una qualità di vita diversa, capace di amare, di donarsi gratuitamente, di perdonare, di riconciliarsi, di portare frutti abbondanti di bene per gli altri e per il mondo.

Tre volti di un unico mistero

Mangiando il Corpo del Signore e bevendo il suo Sangue noi riceviamo il pane del cammino, il pane della comunione, il pane della vita eterna. Sono tre aspetti, tre volti di un unico mistero. E quindi questi tre volti non possiamo separarli l’uno dall’altro, dobbiamo al contrario tenerli insieme, scoprendo la stretta relazione che li armonizza e li unifica. Il pane del cammino ci fa camminare verso la comunione, con Dio e tra di noi, rendendoci in lui una sola cosa, un solo corpo, e in questa comunione si manifesta e si attua la vita eterna, che ci rende partecipi della vita stessa di Dio, di un Dio che è amore, che è relazione, che è comunione.

La vita eterna è la vita del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, e la vita della comunione che circola tra loro, rendendoli un solo Dio, come ci ha ricordato domenica scorsa la solennità della Ss. Trinità. Nel pane e nel vino Gesù, il Figlio Unigenito, crocifisso e risorto, si fa cibo per noi, ci nutre della sua stessa vita perché noi possiamo vivere questa comunione, ed essere una cosa sola tra noi nel mistero di amore di un Dio che è Padre ed è Figlio ed è Spirito Santo. Così sia, per ciascuno di noi.