“La luce di Gesù risorto ci aiuta a far rotolare via le pietre che ingombrano il nostro cammino”: l’Abate Donato durante la Veglia pasquale in Abbazia
VEGLIA PASQUALE 2021 – Mc 16,1-7
Al centro della pagina evangelica proclamata vi è, come abbiamo sentito, l’annuncio della risurrezione di Gesù: «Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui» (v. 6).; un annuncio che è descritto sullo sfondo di tre atteggiamenti di cui le donne, giunte di buon mattino al sepolcro, fanno esperienza:
- lo spontaneo domandarsi come avrebbero fatto a far rotolare via la grande pietra che chiudeva l’ingresso del sepolcro;
- la reazione di spavento e di paura di fronte al giovane in bianche vesti che trovano seduto nel sepolcro;
- il loro coinvolgimento in una nuova e imprevedibile avventura, quella di diventare esse stesse annunciatrici della risurrezione di Gesù.
1. Primo atteggiamento
Giunte di buon mattino al sepolcro, le donne «dicevano tra loro: “Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?”. Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande» (vv. 3-4).
Quando gli occhi – esteriori ed interiori – non sono ancora illuminati dalla luce della risurrezione, i problemi e le difficoltà che si presentano al proprio sguardo appaiono di difficile soluzione, se non addirittura insormontabili. Le donne che vanno al sepolcro di Gesù sapevano benissimo che sarebbero state confrontate con il problema della rimozione della pietra che ne chiudeva l’ingresso, e già sperimentavano in cuor loro lo sconforto all’idea di non poter far nulla per rimuoverla.
Quando il cuore è chiuso al mistero della Risurrezione – perché ancora ignaro di esso – tutto appare difficile, se non impossibile, e le nostre energie rimangono come frenate e compresse dalle preoccupazioni che le “grosse pietre” – ossia i problemi e le difficoltà che incontriamo sul nostro cammino – generano in noi. Quando, però – come hanno fatto le donne del Vangelo – “alziamo lo sguardo”, le cose cambiano, non perché cambia la loro realtà oggettiva, ma perché cambia lo spirito con cui le guardiamo e le affrontiamo; perché allo sguardo triste, cupo, e magari pessimistico, si sostituisce uno sguardo illuminato dalla fiducia e dalla speranza.
In questo sta la forza della nostra fede. Essa ci dice che l’ultima parola non è delle realtà negative che sono in noi o attorno a noi, ma appartiene alla luce che la compagnia di Gesù risorto ci offre, luce che ci aiuta a far rotolare via le pietre che ingombrano il nostro cammino e che ci impediscono di fiorire a vita nuova. Perché a questo siamo chiamati: fiorire alla vita su questa terra, in attesa di fiorire alla vita che non ha fine, quella che Gesù risorto ha inaugurato per noi presso il Padre suo e Padre nostro.
2. Secondo atteggiamento
Riguarda la reazione di spavento e di paura delle donne, che ancora non sono state raggiunte dall’annuncio della Risurrezione di gesù: «Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: “Non abbiate paura!”» (vv. 5-6a).
Nella tradizione biblica, lo spavento e la paura contrassegnano tutti coloro che entrano in contatto con il mistero di Dio. Questi, infatti, ha un impatto per così dire drammatico sulla creatura, la quale, posta di fronte al suo Creatore, avverte l’abisso che la separa da Lui. L’onnipotenza divina gli fa toccare con mano la propria piccolezza. Così, l’incontro inaspettato con quel giovane in bianche vesti – ossia con l’angelo, e dunque con il mondo divino – spaventa le donne, le impaurisce. Tuttavia, l’invito dell’angelo è quello di “non avere paura”, e di aprirsi con fiducia alla novità inaudita della risurrezione di Gesù.
Ormai la distanza tra il Creatore e la creatura è colmata. Se con l’Incarnazione del Figlio suo, Dio aveva assunto la nostra umanità, ora con la Risurrezione di Gesù è l’uomo – ossia ciascuno di noi – che è chiamato ad entrare nella vita di Dio! Ecco perché la paura non ha più ragione di essere. Solo la gioia ha ora pieno diritto di cittadinanza nel cuore e nella vita del credente, quella gioia che scaturisce dalla consapevolezza che, già nella vita di quaggiù, siamo raggiunti, illuminati e sostenuti dal mistero della vita eterna, che la Risurrezione di Gesù ci ha dischiuso e ci fa pregustare, nell’attesa di poter entrare in essa, un giorno.
3. Terzo atteggiamento
Alle donne giunte al sepolcro, l’angelo dice: «andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”» (v. 7).
Gesù risorto investe le donne della missione di annunciare e testimoniare quello che hanno visto e udito. Una volta che la loro esistenza si è affacciata sul mistero luminoso e vivificante della Risurrezione di Gesù, non possono rimanere inerti: “andate, dite ai suoi discepoli…”, le esorta l’angelo.
In queste parole, poi, vi è anche un tocco di universalità. Le donne – che erano considerate all’ultimo posto nella cultura orientale – qui sono, invece, le prime testimoni del Risorto e le sue prime annunciatrici!
Questo per dirci che tutti i cristiani, indistintamente, sono chiamati ad “andare” e “dire”, ossia ad essere testimoni coraggiosi del Risorto nel mondo, vivificando con la loro presenza ciò che è esangue e svigorito, e trasfigurandolo con la forza luminosa della Pasqua che agisce in loro, cioè in ciascuno di noi. E così sia!