“Maria ci insegna che l’ascolto vero riposa su un fondo di silenzio”: l’omelia dell’Abate Donato nella Solennità dell’Immacolata Concezione
Mercoledì 8 dicembre, Solennità della Immacolata Concezione, si è ripetuto in Abbazia il tradizionale apputamento con la benedizione del Presepe allestito nella prima cappella della navata laterale di destra della Basilica Cattedrale.
L’Abate Donato, al termine della Celebrazione Eucaristica da lui presieduta, ha benedetto il Presepe e subito dopo ha raggiunto gli operatori del Comitato di Cassino della Croce Rossa Italiana impegnati nel consueto appuntamento con la prevenzione in Abbazia in collaborazione con l’Associazione Amici di San Benedetto.
Quest’anno l’attenzione è stata data alla prevenzione delle malattie cardiovascolari tramite la misurazione della pressione venosa.
Immacolata Concezione 2021
«In quel tempo, 26l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo;
il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?».
35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio.
36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile:
37nulla è impossibile a Dio».
38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei» (Lc 1,25-38).
Non è fuori luogo, nel VII Centenario della morte di Dante Alighieri, iniziare questa nostra omelia con le prime due terzine della famosa preghiera alla Vergine, che apre l’ultimo canto del Paradiso. È una preghiera che il Sommo Poeta ha messo sulla bocca di san Bernardo di Chiaravalle, grande abate, mistico e cantore di Maria, al quale si attribuiscono le parole: «De Maria numquam satis – Di Maria non si dirà mai abbastanza».
«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura».
Dopo aver sintetizzato in maniera così mirabile la grandezza di Maria che, nel concepire Gesù per opera dello Spirito Santo, diventa madre senza perdere la sua verginità, Dante la definisce «termine fisso d’etterno consiglio – Termine immutabile del decreto divino». L’etterno consiglio indica, infatti, la Sapienza eterna di Dio che, da sempre, aveva posato gli occhi su Maria e l’aveva scelta quale madre del suo Figlio divino, Cristo Gesù. Ed è proprio in vista del concepimento verginale di Lui e della sua nascita che Dio aveva deciso di preservare Maria dalla macchia del peccato originale. È questo, appunto, il significato della sua Immacolata concezione.
Nella pagina evangelica che è stata proclamata, recando l’annuncio della maternità divina a Maria, l’angelo Gabriele si rivolge a lei chiamandola: “piena di grazia” (letteralmente: “amata gratuitamente e per sempre” da Dio). Questa espressione, se da un lato descrive il privilegio di cui Maria è stata rivestita (l’essere stata preservata dal peccato originale, con cui, invece, ciascuno di noi viene al mondo), dall’altro ci fa intravedere il posto che Ella è chiamata ad occupare nella storia della salvezza. Infatti, «dopo il peccato di Adamo ed Eva, Dio non ha voluto lasciare l’umanità sola e in balia del male. Per questo ha pensato e voluto Maria santa e immacolata nell’amore (cf. Ef 1,4), perché diventasse la Madre del Redentore dell’uomo» (papa Francesco).
Il racconto dell’Annunciazione dell’angelo a Maria non ci dischiude, però, solamente l’iniziativa amorosa di Dio nei confronti dell’umanità. Ci dice anche come Maria aderisce a questo disegno d’amore, dandovi il suo pieno assenso. Ed è in questa risposta di Maria che siamo invitati a riconoscerci, perché in essa sono delineati alcuni aspetti che formano e vivificano la nostra fede cristiana.
Un annuncio gioioso al cuore della quotidianità
La prima cosa che ci colpisce della scena dell’Annunciazione è l’assenza di qualsiasi elemento grandioso o solenne. Tutto è semplice, spoglio, diretto. Si parla di uno sperduto villaggio della Galilea, Nazareth; di una vergine promessa sposa ad un uomo che si chiamava Giuseppe, e della sua casa, presumibilmente una dimora umile e disadorna. È in questo contesto che l’angelo Gabriele si presenta a Maria e le parla in nome di Dio. È bello, dunque, costatare come un Dio infinito e onnipotente ami incrociare le nostre esistenze, segnate dal limite e dalla finitezza; e parlarci all’interno delle piccole consuetudini nelle quali ci muoviamo ogni giorno. Il quadro dell’Annunciazione a Maria ci mostra proprio questo: un Dio che ama rendersi presente nella ferialità, nell’ordinarietà della nostra vita.
Un altro aspetto che ci fa toccare con mano l’attenzione di Dio per le realtà che più stanno a cuore agli esseri umani, proviene da quell’imperativo con cui l’angelo apre il suo breve dialogo con Maria: «Rallegrati!». Imperativo che nella traduzione precedente (rimasta a livello devozionale) era stato depotenziato e ridotto a un mero saluto: «Ave!». L’invito a gioire, invece, ci svela ancora una volta il cuore “umano” di Dio: egli vuole che le sue creature siano felici! Del resto un Dio che ci ama non potrebbe volere qualcosa di diverso dal nostro bene e dunque dalla nostra felicità, una felicità tutta fondata sulla certezza che Egli è sempre al nostro fianco.
Come diretta conseguenza dell’esperienza di questa gioia, si pone l’altro invito pronunciato dall’angelo, quello a «non temere». Di fronte alle perplessità che sorgono dal costatare come sembri impossibile sperimentare una gioia senza scalfitture, quello a “non temere” è un invito a non spegnere mai la speranza, in ogni circostanza. Anche quando l’esperienza del buio sembra prevalere e avvolgere la nostra esistenza, il Signore ci offre sempre uno spiraglio di luce attraverso cui dilatare il respiro della nostra fede e guardare avanti con fiducia. Se solo ci ancorassimo con maggior decisione a questa certezza, non rimarremmo prigionieri – come talora avviene – della tristezza, dello scoraggiamento, dell’angoscia, della paura e di quei sentimenti negativi che in certi momenti sembrano attanagliare il nostro cuore.
La reazione di Maria: dal silenzio al servizio
Di fronte all’annuncio dell’angelo, Maria appare in primo luogo come la personificazione del silenzio di tutto l’essere, un silenzio teso all’ascolto profondo e all’accoglienza di ciò che le viene annunciato. Come è stato detto: «Il silenzio è qualche volta tacere: ma il silenzio è sempre ascoltare» (Madeleine Delbrêl).
Maria ci insegna che l’ascolto vero riposa su un fondo di silenzio, e che senza quest’ultimo è impossibile ascoltare le parole che Dio ci rivolge e riconoscere le tracce della sua azione in noi e attorno a noi. La risposta di Maria: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola», va proprio in questa direzione, e riassume il compito di ogni credente, chiamato – come Lei – ad orientare tutta la propria vita al Cristo.
La nostra missione di cristiani, infatti, è quella di essere servi, innanzitutto della Parola di Dio che attende di essere da noi accolta e tradotta in vita, e poi dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, ai quali la Parola di Dio ci invia per condividere concretamente il messaggio evangelico, intrecciando relazioni fraterne, aprendoci al dialogo rispettoso e alla condivisione con chiunque abbia a cuore il bene proprio e altrui, con chiunque ami la giustizia, la pace, la concordia.
Come il disegno di salvezza per l’umanità ha avuto bisogno del “sì” di Maria, così il Signore continua ad avere bisogno dei nostri “sì” quotidiani, improntati alla forza luminosa della sua Parola, e protesi a testimoniare il suo amore ai fratelli nei luoghi della nostra vita.
Ci aiuti e ci sostenga l’Immacolata e sempre Vergine Maria, Madre di Gesù e madre nostra, ci stringa e ci avvolga nel suo abbraccio materno, ci protegga e ci insegni ad essere santi e immacolati nella fede, nella speranza e nella carità, perseverando nell’umile fedeltà alla Parola di Dio e testimoniando la sua presenza amorosa nel mondo.
«O Vergine Immacolata, degna di ogni lode e venerazione, fonte d’acque zampillanti, tesoro d’innocenza, splendore di santità, sul tuo volto luminoso sono dolcezza, bellezza e profondità d’amore. Guidaci al porto della pace e della salvezza, a gloria di Cristo che vive in eterno con il Padre e con lo Spirito Santo. Amen».