Montecassino, Messa nella Notte di Natale. L’omelia dell’abate Luca
Natale del Signore. Messa nella notte
25 dicembre 2023
Letture: Is 9,1-6; Sal 95 (96); Tt 2,11-14, Lc 2,1-14
«Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (Is 9,1). Abbiamo ascoltato queste parole dal profeta Isaia, nella prima lettura che è stata proclamata. Questa luce illumina e rischiara anche la nostra notte, e ci consente di rimanere svegli, vegliando e pregando, per accogliere e lasciarci rinnovare da tutto ciò che Dio fa per noi.
Sabato mattina, qui in abbazia, in una sala del chiostro abbiamo inaugurato l’esposizione permanente di un presente di tradizione napoletana e mi ha colpito constatare come ci siano alcune scene tipiche dei presepi napoletani, che sono sempre presenti, pur dentro altre scene che la creatività dei presepisti sa ideare.
Sono quattro, in particolare, le scene sulle quali mi pare utile indugiare, anche perché ci aiutano a capire, e si lasciano a loro volta illuminare, dalla parola di Dio che ascoltiamo in questa celebrazione. C’è la scena del pastore meravigliato, sorpreso dall’annuncio degli angeli che affermano, come ci narra san Luca nel suo Vangelo: «oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,11). C’è però anche un pastore che rimane addormentato, per evocare che c’è anche una umanità distratta, appesantita da tanti beni superflui e non necessari, incapace di vegliare e di lasciarsi sorprendere dalla novità e dalla bellezza di ciò che accade. Una terza scena importante è quella della taverna, che ci richiama a un altro tratto del racconto evangelico, in cui san Luca ricorda che per Giuseppe e Maria non c’era posto nell’alloggio. Infine, una quarta scena è tratta non dal vangelo di Luca, ma da quello di Matteo: si tratta della ricerca dei Magi, che vengono da terre lontane, da altre culture e tradizioni religiose, per cercare colui che è nato. E di solito i tre Magi sono caratterizzati non solo da etnie differenti, ma anche da età diverse, per significare che l’evento di Gesù riguarda tutti, dai più giovani ai più anziani.
Penso che queste quattro scene vadano immaginate non una accanto all’altra, ma una dentro l’altra, cogliendo il nesso più profondo che le collega. Le possiamo anche interpretare come una sorta di cammino, che disegna un vero itinerario di conversione, tale da rinnovare la nostra vita. La luce che risplende nelle tenebre, infatti, non solo rischiara la notte della storia, ma illumina anche la vita personale di ciascuno di noi e desidera trasformarla. A Natale noi facciamo memoria della nascita di Gesù, ma sappiamo che quella nascita consente anche a noi di rinascere, ci rinnova, ci cambia, ci chiede di intraprendere con fiducia un cammino di conversione.
Tornando al presepe napoletano, pensiamo al rapporto che può esserci tra le prime due scene. C’è un pastore addormentato, indifferente a quanto avviene. È il sonno non solo di chi dorme, ma anche di chi rimane chiuso in se stesso, occupato delle proprie cose e dei propri affari, forse anche scettico e disilluso, stanco per ciò che vive (ed anche per questo motivo dorme…), ma al tempo stesso incapace di desiderare e di cercare qualcosa di nuovo. E dobbiamo confessarlo: molte volte siamo così anche noi. Tutto ci sembra vecchio, già conosciuto, non abbiamo alcuna speranza in un futuro diverso, in una novità che renda migliore la nostra vita. E allora ci adagiamo nelle nostre pigrizie e distrazioni. A questo pastore si contrappone il pastore meravigliato, che è balzato in piedi, sorpreso e stupito da quanto avviene, da ciò che gli angeli annunciano, ridestato dal suo sonno da quella nuova luce che improvvisamente ha rischiarato la notte. Ecco una prima rinascita che il Natale ci chiede di vivere: ci sollecita a risvegliarci dal nostro sonno e dalle nostre pigrizie, dalle nostre indifferenze e distrazioni, per lasciarci sorprendere da un annuncio che ci riguarda personalmente e ci coinvolge. Un bambino è nato per noi, annuncia Isaia, ed egli consente anche a noi di tornare bambini, di rinascere, di ritrovare quello stupore e quella freschezza giovanili, addirittura infantili, che ci permettono di affrontare la vita e le sue sfide, la storia e le sue prove, con coraggio, entusiasmo, amore e passione. Oggi è nato per voi un Salvatore. Oggi, anche in questo oggi segnato da tante fatiche e difficoltà, una salvezza ci viene donata. Veniamo salvati e ridestati da quel sonno che ci impigrisce, ci rende scettici o disillusi, stanchi o appagati.
La scena della taverna ci ricorda che non tutti hanno saputo accogliere la visita del Signore, non tutti hanno saputo fargli spazio, e non gli hanno lasciato un posto ospitale nelle loro case e nelle loro esistenze. A costoro si contrappone la scena dei Magi, che invece abbandonano il loro posto, le loro terre e le loro case, e si mettono in viaggio, in ricerca, con un desiderio profondo nel cuore, con una sete grande, che li spinge a non fermarsi finché non abbiano trovato il «re dei re», il Salvatore annunciato e promesso dalle Scritture, ma anche profetizzato dalle stelle del cielo, cioè dai segni dei tempi che occorre saper scrutare e interpretare.
Il Natale ci chiede di rinascere anche in questo modo. Ci sollecita a uscire da noi stessi, dalle nostre certezze e sicurezze, dalle nostre visioni e dai nostri pregiudizi, per cercare il vero, il bene, la vita autentica, oltre, al di là di tutto ciò che già conosciamo e ci rassicura. Il Signore, che viene incontro alla nostra esistenza, non troverà posto ospitale in noi se a nostra volta noi non siamo disposti a uscire da noi stessi per andargli incontro.
Gli angeli proclamano nella notte di Betlemme: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama». Dobbiamo lasciarci risvegliare e stupire da questo annuncio: Dio ci ama, fino a donare il proprio Figlio per noi. Dobbiamo perciò fargli posto e accoglierlo nella nostra vita, sapendo però che per farlo dobbiamo essere disposti a uscire da noi stessi, e cercarlo, laddove egli si lascia trovare e incontrare. Egli è ovunque, ma possiamo davvero incontrarlo ogni volta che la nostra vita si lascia cambiare e trasformare, e diventa capace di gesti di pace, di amore, di perdono, di riconciliazione. Gesti che danno la vita, facendoci uscire da noi stessi per prenderci cura degli altri, soprattutto di chi, come un bambino, è più fragile, indifeso, esposto al pericolo e al rifiuto.