“Riempiamo di significato l’invisibile contenitore del tempo con parole e gesti significativi”: l’Abate Donato nella Solennità di Maria SS. Madre di Dio

Maria SS. madre di Dio – 1 Gennaio 2022

All’inizio di ogni anno civile, tre sono gli aspetti che si presentano alla nostra considerazione: il primo,dettato dall’anno nuovo che oggi prende avvio, ci sospinge a riflettere sul valore del tempo; il secondo riguarda la Solennità liturgica odierna, quella di Maria SS. Madre di Dio; il terzo concerne la 55ª Giornata mondiale della pace, che oggi si celebra in tutta la Chiesa cattolica.

Un anno nuovo
Col passaggio dal vecchio al nuovo anno anche i più distratti e superficiali non possono fare a meno di pensare al tempo che passa.
Sant’Agostino in una sua nota riflessione sul tempo affermava che è inesatto distinguerlo in passato, presente e futuro, e che sarebbe più appropriato parlare di “presente del passato”, di “presente del presente” e di “presente del futuro”. E spiega questa sua affermazione dicendo che «queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell’animo (…): il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l’attesa».
Il “presente del presente” – ossia il tempo che ogni giorno facciamo nostro – è dunque quello in cui convergono sia il passato, attraverso il ricordo, sia il futuro, attraverso l’attesa nella quale sono raccolti quei nostri desideri, aspettative e progetti che speriamo di realizzare.
Ed è questo “presente del presente” che dobbiamo riempire di significato, attraverso azioni benefiche che lascino traccia di sé nel nostro vissuto e in quello degli altri, azioni che procurano il bene e rendano meno duro e più sereno il nostro cammino di quaggiù, che impreziosiscano la nostra convivenza familiare, comunitaria, sociale, aumentandone l’armonia.

Sorelle e fratelli carissimi, per noi cristiani il tempo rimane questo invisibile contenitore che siamo chiamati a riempire con parole e gesti significativi, attraverso cui realizzare noi stessi senza disgiungere tale realizzazione dall’impegno a spargere semi di amore nel solco della nostra quotidianità in favore degli altri, come Gesù ci ha insegnato.

La solennità liturgica di Maria Madre di Dio
Il brano evangelico odierno narra di come i pastori si rechino in fretta a Betlemme per vedere il Bambino Gesù, e di come – dopo averlo visto – riferiscano quel che era stato loro detto di lui. I gesti che caratterizzano i pastori (si mettono in cammino, trovano, vedono, riferiscono e ritornano sui loro passi) e i sentimenti che manifestano (la fretta, lo stupore e la lode) rappresentano i gesti e i sentimenti che devono animare anche il nostro cammino di cristiani. Benché metaforicamente, anche noi siamo invitati ad andare alla grotta di Betlemme, per contemplare Gesù e abbeverarci alle sorgenti della nostra salvezza, per poi trasmettere agli altri, nella vita di tutti i giorni, la gioia e lo stupore che ci provengono dall’incontro con il Signore.

Ma questo stupore e questa gioia che siamo chiamati a tradurre in azione, devono essere supportati da uno stupore e da una gioia, non meno luminosi, che nascono e si esprimono nel silenzio e nell’ascolto. È l’atteggiamento che assume Maria, la quale rimane silenziosa e ascolta tutto ciò che viene detto del suo figlio Gesù, custodendolo poi con cura nel suo cuore e rimeditandolo. Il suo ascolto e la sua custodia non sono passivi, ma sono il luogo in cui si incrociano in maniera all’apparenza contrastante: da una parte l’esperienza della grandezza (quel Bambino che porta la salvezza all’umanità è di natura divina e perciò circonfuso di gloria); dall’altra l’esperienza della piccolezza (quel medesimo Bambino, che è Dio, nasce in una grotta, nella povertà e nella solitudine).

Anche noi, come Maria, possiamo costatare questo apparente paradosso nella nostra vita, che, cioè, la presenza del Signore a volte si faccia sentire nelle situazioni che sembrano le meno indicate, e che magari sono segnate da incomprensione, da precarietà, da emarginazione. Anche allora, a chi sa ascoltare e vedere con le orecchie e gli occhi del cuore, e sa custodire e meditare anche le circostanze della vita che provocano smarrimento, il Signore fa sentire la sua vicinanza amorosa, capace di ridare fiato alla fiducia e alla speranza.

55ª Giornata mondiale della pace
Dopo aver affermato che «la pace è insieme dono dall’alto e frutto di un impegno condiviso», papa Francesco – nel suo Messaggio per la giornata mondiale della pace – continua affermando che «c’è una “architettura” della pace, dove intervengono le diverse istituzioni della società, e c’è un “artigianato” della pace che coinvolge ognuno di noi in prima persona. Tutti possono collaborare a edificare un mondo più pacifico: a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella società e con l’ambiente, fino ai rapporti fra i popoli e fra gli Stati».
Quindi papa Francesco propone tre vie attraverso le quali costruire una pace duratura: il dialogo tra le generazioni; l’educazione e il lavoro.

a. Il dialogo tra le generazioni è la base per la realizzazione di progetti condivisi. «Da un lato, i giovani hanno bisogno dell’esperienza esistenziale, sapienziale e spirituale degli anziani; dall’altro, gli anziani necessitano del sostegno, dell’affetto, della creatività e del dinamismo dei giovani. Le grandi sfide sociali e i processi di pacificazione non possono fare a meno del dialogo tra i custodi della memoria – gli anziani – e quelli che portano avanti la storia – i giovani –; e neanche della disponibilità di ognuno a fare spazio all’altro, a non pretendere di occupare tutta la scena perseguendo i propri interessi immediati come se non ci fossero passato e futuro». S. Benedetto sintetizza tutto queste con due espressioni lapidarie: «Seniores venerare, iuniores diligere – Venerare gli anziani, amare i giovani».

b. L’istruzione e l’educazione sono fattori di libertà, di responsabilità e di sviluppo, e quindi motori della pace. «Istruzione ed educazione sono le fondamenta di una società coesa, civile, in grado di generare speranza, ricchezza e progresso».

c. «Il lavoro è un fattore indispensabile per costruire e preservare la pace. Esso è espressione di sé e dei propri doni, ma anche impegno, fatica, collaborazione con altri, perché si lavora sempre con o per qualcuno. In questa prospettiva marcatamente sociale, il lavoro è il luogo dove impariamo a dare il nostro contributo per un mondo più vivibile e bello».

Sorelle e fratelli carissimi, affrontiamo questo nuovo anno con fiducia e speranza; impegniamoci a vivere ogni giorno che ci si presenterà dinanzi con la gioia e lo stupore di chi si sa accompagnato e sostenuto dallo sguardo provvido, amoroso e misericordioso del Signore. Custodiamo e meditiamo tutto ciò che ci capita, e non arretriamo mai nel nostro compito di essere artigiani di pace in tutti gli ambiti del nostro vivere. E la benedizione del Signore sarà sempre con noi! Buon Anno!