Santo Natale a Montecassino, l’omelia dell’abate Luca nella Messa del Giorno

“Ecco l’augurio che dobbiamo scambiarci a Natale, il dono che dobbiamo offrirci gli uni gli altri: il dono di parole buone, il dono di gesti luminosi, il dono di una vita che sa offrire se stessa per il bene degli altri.”

Il testo integrale dell’omelia dell’abate Luca pronunciata questa mattina nella Basilica Cattedrale di Montecassino

Natale del Signore – Giorno
25 dicembre 2023

Abbiamo ascoltato il Prologo al Vangelo di Giovanni, che ci annuncia che il Verbo, il Logos, la Parola si è fatta carne ed è venuta ad abitare in mezzo a noi, letteralmente ha piantato la sua tenda tra di noi. Inoltre, ci dice sempre l’evangelista Giovanni in questo suo testo straordinario, questo Verbo era anche la vita ed era la luce vera, quella che illumina ogni uomo.

Dunque la Parola si è fatta carne, la Vita si è fatta carne, la Luce si è fatta carne. Celebrando il Natale noi celebriamo e facciamo memoria della nascita di Gesù, della venuta nella nostra carne del Figlio di Dio. Il Prologo al Vangelo di Giovanni ci aiuta a comprendere meglio che cosa significhi che il Figlio di Dio si è fatto carne e ha preso dimora in mezzo a noi. E lo fa evidenziando proprio questi tre termini: la Parola, la Vita e la Luce.

L’evangelista Giovanni ci dice anche che a quanti lo accolgono – accolgono cioè il Figlio di Dio venuto tra di noi – egli «ha dato il potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12). Cerchiamo di capire meglio questa affermazione, che può sorprenderci. In realtà, noi tutti siamo già, da sempre, figli di Dio. Lo siamo perché, nascendo, è Dio che ci dona la vita, è lui il Padre vero di ogni essere che viene al mondo.

E tuttavia, noi siamo chiamati ad accogliere questo suo dono, a renderlo fecondo nella nostra vita, per diventargli sempre più somiglianti, così come un figlio assomiglia ai propri genitori, perché accoglie e assume nel proprio DNA i caratteri tipici del DNA di chi lo ha generato.

Gesù, nascendo nella nostra carne, ci dona la possibilità di diventare figli di Dio perché ci rende a lui somiglianti, ci concede di essere figli come lui è figlio, e alcune caratteristiche tipiche del suo mistero, potremmo dire del suo DNA, per continuare nel paragone che facevo poc’anzi, diventano anche nostre.

Alcune caratteristiche come quelle che il Prologo di Giovanni ci ricorda: egli è Parola, è Vita, è Luce. In Gesù, dunque, anche a noi è donata la possibilità di diventare figli di Dio come lui, di diventare Parola, Vita, Luce. Certo, non nel suo stesso modo, che rimane unico e singolare, incomparabile, ma per somiglianza sì. Diventiamo anche noi somiglianti a lui, che è Parola, Vita e Luce.

Diventiamo Parola, e la parola significa relazione, incontro, dialogo. La nostra vita si apre. Si apre all’ascolto e si apre al dialogo. Ci è donata la possibilità di intessere relazioni vere, di stringere legami fedeli, di percorrere cammini di riconciliazione e di pace, di formare famiglie e comunità nelle quali ci si sappia accogliere e comprendere.

A meno di non avere qualche grave malattia corporea, tutti noi siamo in grado di parlare, ma spesso le nostre parole sono chiacchiere dispersive, promesse inconcludenti, giudizi inopportuni, quando non diventano addirittura menzogne, o mormorazioni, o calunnie. Parole che disperdono e dividono, anziché raccogliere e unire. La Parola si fa carne in mezzo a noi per donarci la possibilità di ascoltare e di dire parole vere, costruttive, sapienti, capaci di incoraggiare e di donare speranza.

Nella luce che si fa carne, anche noi diventiamo luce. Diventiamo cioè capaci di non lasciarci vincere dalle tenebre che così spesso sono attorno a noi e persino dentro di noi. Nella lettera agli Efesini, san Paolo ricorre ad alcune affermazioni molto forti, che ci aiutano a capire. Scrive:

Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente (Ef 5,8-11).

Qualche versetto più avanti aggiunge:

Fate dunque molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi, facendo buon uso del tempo, perché i giorni sono cattivi (5,15-16).

Come allora, anche i nostri giorni sono cattivi, caratterizzati da tanta tenebra: le tenebre della guerra, della violenza, della crisi, della perdita del senso della vita, della povertà, della solitudine. E sappiamo bene di quanto potremmo allungare la lista. Eppure, in tutto questo, dentro questi giorni cattivi, possiamo e dobbiamo vivere come «figli della luce». Non dobbiamo consentire alle tenebre di fuori di diventare tenebre dentro il nostro cuore, o di soffocare la luce che è in noi grazie alla Luce che si è fatta carne.

Dobbiamo rimanere luminosi, capaci di compiere le opere della luce che, scrive san Paolo, consistono in ogni bontà, giustizia e verità. Certo i giorni cattivi che viviamo ci spaventano, ci preoccupano, addirittura ci angosciano, oppure ci spingono alle facili critiche contro qualcuno o contro tutti. Ciò che dobbiamo cercare di fare è soprattutto continuare a compiere gesti luminosi, ricolmi di bontà, di giustizia, di verità. Sempre il Prologo di Giovanni ci annuncia che la luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno vinta.

Questo vale per Gesù, vera luce del mondo, ma lui dona anche a noi la sua possibilità: per quanto debole, la nostra luce non sarà vinta dalle tenebre, ma riuscirà a rischiararle, se sapremo rimanere stabili e fedeli nella bontà, nella giustizia, nella verità.

Infine, la Vita si è fatta carne e a noi viene donata la possibilità di camminare in una vita vera, in una vita nuova, in una vita eterna. Noi immaginiamo la vita eterna sempre nella dimensione della lunghezza: una vita che non finisce, che neppure la morte riesce a interrompere. Probabilmente, dovremmo immaginarla anche nella dimensione della larghezza: vita eterna è una vita larga, accogliente, ospitale, misericordiosa.

È la vita che scaturisce da un cuore largo, compassionevole, oblativo, capace di donare nell’amore vita agli altri. Così è la vita di Dio, una vita generativa; così dovrebbe essere la nostra vita, una vita che gli assomigli nella disponibilità a non trattenere per sé, ma a donare e a condividere con gli altri i doni che riceve.

Giovanni conclude il prologo affermando che Dio nessuno lo ha mai visto, ma il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato, è lui che ce lo ha raccontato. E il modo con il quale Gesù ci rivela e ci narra il volto del Padre è proprio questo: venendo nella nostra carne, nella nostra umanità, Gesù consente all’umanità di ciascuno di noi di essere più somigliante al volto di Dio.

E gli diventiamo somiglianti se le nostre parole sono parole di relazione e di comunione; se i nostri gesti sono luminosi anche nelle tenebre della notte; se sappiamo giocare la nostra vita dentro le dinamiche oblative del dono, dell’amore, della misericordia.

Ecco l’augurio che dobbiamo scambiarci a Natale, il dono che dobbiamo offrirci gli uni gli altri: il dono di parole buone, il dono di gesti luminosi, il dono di una vita che sa offrire se stessa per il bene degli altri.