Regola di San Benedetto, Capitolo 6: L’amore per il silenzio

Il capitolo sesto, della Regola di San Benedetto, tratta dell’amore per il silenzio. Non è del tutto un voto al silenzio, come potrebbe inizialmente sembrare. Piuttosto tratta dell’importanza di frenare le parole («Nel molto parlare non sfuggirai al peccato», verso 4), della loro purezza quando si parla («è necessario evitare le cattive parole per le pene del peccato», verso 2), come pure l’ascolto e l’obbedienza ai superiori («Se infatti al maestro conviene parlare ed istruire, al discepolo tocca tacere ed ascoltare», verso 6). Vengono proibiti i discorsi offensivi: « Le trivialità poi e le parole oziose ed eccitanti al riso le condanniamo in tutti i luoghi con eterna esclusione», verso 8. Si parla anche del valore del silenzio, della riflessione personale, del fatto che non si debba sempre condividere tutto ciò che si pensa: « dai buoni discorsi bisogna talvolta astenersi per amore del silenzio», verso 2. San Benedetto ci insegna che le parole, buone o cattive, sono potenti ed il loro utilizzo dovrebbe essere rispettoso ed attento: «la morte e la vita sono in potere della lingua», verso 5.

Capitolo sesto:

1. Facciamo ciò che afferma il Profeta: “Ho detto: custodirò il mio cammino per non peccare con la mia lingua; ho posto un freno alla mia bocca, mi son fatto muto, mi sono umiliato ed ho taciuto anche delle cose buone”.
2. Ora, se il Profeta mostra qui che dai buoni discorsi bisogna talvolta astenersi per amore del silenzio, quanto più è necessario evitare le cattive parole per le pene del peccato!
3. Perciò, anche se si tratti di argomenti buoni e pii ed edificanti, tanta è la gravità del silenzio, che ai discepoli perfetti raramente si deve conceder licenza di parlare,
4. perché sta scritto “Nel molto parlare non sfuggirai al peccato”
5. e altrove: “la morte e la vita sono in potere della lingua”
6. Se infatti al maestro conviene parlare ed istruire, al discepolo tocca tacere ed ascoltare.
7. Se quindi è necessario chiedere qualche cosa al superiore, si domandi con tutta umiltà e con rispettosa sottomissione.
8. Le trivialità poi e le parole oziose ed eccitanti al riso le condanniamo in tutti i luoghi con eterna esclusione, e che il discepolo apra la bocca per proferire cose tali, non lo permettiamo.

Regola di San Benedetto, Capitolo 6: L’amore per il silenzio

Il capitolo sesto, della Regola di San Benedetto, tratta dell’amore per il silenzio. Non è del tutto un voto al silenzio, come potrebbe inizialmente sembrare. Piuttosto tratta dell’importanza di frenare le parole («Nel molto parlare non sfuggirai al peccato», verso 4), della loro purezza quando si parla («è necessario evitare le cattive parole per le pene del peccato», verso 2), come pure l’ascolto e l’obbedienza ai superiori («Se infatti al maestro conviene parlare ed istruire, al discepolo tocca tacere ed ascoltare», verso 6). Vengono proibiti i discorsi offensivi: « Le trivialità poi e le parole oziose ed eccitanti al riso le condanniamo in tutti i luoghi con eterna esclusione», verso 8. Si parla anche del valore del silenzio, della riflessione personale, del fatto che non si debba sempre condividere tutto ciò che si pensa: « dai buoni discorsi bisogna talvolta astenersi per amore del silenzio», verso 2. San Benedetto ci insegna che le parole, buone o cattive, sono potenti ed il loro utilizzo dovrebbe essere rispettoso ed attento: «la morte e la vita sono in potere della lingua», verso 5.

Capitolo sesto:

1. Facciamo ciò che afferma il Profeta: “Ho detto: custodirò il mio cammino per non peccare con la mia lingua; ho posto un freno alla mia bocca, mi son fatto muto, mi sono umiliato ed ho taciuto anche delle cose buone”.
2. Ora, se il Profeta mostra qui che dai buoni discorsi bisogna talvolta astenersi per amore del silenzio, quanto più è necessario evitare le cattive parole per le pene del peccato!
3. Perciò, anche se si tratti di argomenti buoni e pii ed edificanti, tanta è la gravità del silenzio, che ai discepoli perfetti raramente si deve conceder licenza di parlare,
4. perché sta scritto “Nel molto parlare non sfuggirai al peccato”
5. e altrove: “la morte e la vita sono in potere della lingua”
6. Se infatti al maestro conviene parlare ed istruire, al discepolo tocca tacere ed ascoltare.
7. Se quindi è necessario chiedere qualche cosa al superiore, si domandi con tutta umiltà e con rispettosa sottomissione.
8. Le trivialità poi e le parole oziose ed eccitanti al riso le condanniamo in tutti i luoghi con eterna esclusione, e che il discepolo apra la bocca per proferire cose tali, non lo permettiamo.