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Regola di San Benedetto, Capitolo 7: L’umiltà

Il capitolo settimo della Regola di San Benedetto, è una lunga guida all’umiltà e a come ottenerla. San Benedetto descrive, con chiari riferimenti alle Scritture, dodici gradini verso l’umiltà e la strada per raggiungerli. I dodici gradini possono essere così sintetizzati:

1. Mai perdere la visione di Dio o cadere nella smemoratezza.
2. Mai agire secondo la propria volontà o compiacersi nel soddisfare i propri desideri; si deve seguire la volontà di Dio.
3. Sottomettersi con perfetta obbedienza a Dio e ai suoi superiori.
4. Di fronte a difficoltà ed ingiustizie, si deve abbracciare la sofferenza.
5. Non nascondere pensieri o azioni peccaminose, ma confessarle umilmente.
6. Accettare se stessi come inetti operai pieni di colpe.
7. Ammettere ed accettare di essere inferiori e con meno valore per poter seguire Dio.
8. Un bravo monaco segue le regole del monastero ed il suo esempio superiore.
9. Evitare di parlare, mantenendo il silenzio, salvo che non venga chiesto di parlare.
10. Evitare di ridere in quanto, ridendo facilmente, si è considerati sciocchi.
11. Quando si ha la necessità di parlare, farlo umilmente, silenziosamente, ragionevolmente e rispettosamente.
12. L’umiltà dovrebbe brillare dentro e dal cuore manifestarsi a tutti col proprio comportamento.
Il capitolo settimo sottolinea l’importanza di una completa trasparenza con Dio, sottomettendosi a Lui come peccatore imperfetto, in modo tale da poter ottenere il perdono ed essere degni del Suo regno. Arrivati all’ultimo gradino dell’umiltà, non si servirà più Dio per paura, ma per amore totale.

Capitolo settimo:

1. Grida a noi, fratelli, la divina Scrittura e ci dice: “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.
2. Col dirci dunque così, ci mostra che ogni esaltazione è una forma di superbia,
3. da cui il Profeta dichiara di volersi tenere lontano quando afferma: “Signore il mio cuore non si è innalzato, né si sono elevati i miei occhi; non ho camminato tra cose grandi e troppo alte per me”.
4. E che allora? “Se non ho avuto sentimenti di umiltà, se il mio cuore si è insuperbito, allora tu tratti l’anima mia come un bambino svezzato dal seno di sua madre”.
5. Perciò, fratelli, se volgiamo toccare la cima d’una somma umiltà e giungere celermente a quell’altezza celeste a cui si sale per l’abbassamento della vita presente,
6. bisogna con l’ascensione delle nostre opere innalzare quella scala che apparve in sogno a Giacobbe, e per la quale egli vide gli angeli scendere e salire.
7. Discesa e salita che non possono certamente essere intese da noi se non nel senso che con l’esaltazione si discende e con l’umiltà si sale.
8. La scala poi che si rizza, non è se non la nostra vita terrena, che per l’umiltà del cuore venga dal Signore diretta su verso il cielo.
9. Diciamo infatti che il corpo e l’anima nostra sono i lati di questa scala, nei quali la divina chiamata inserì diversi gradini di umiltà e di esercitazione spirituale da salire.
10. Il primo gradino dunque dell’umiltà è quello in cui l’uomo, con la visione continua della presenza di Dio dinanzi agli occhi, ispirato dal suo timore, fugge del tutto la smemoratezza,
11. e ricorda sempre i percetti di Dio, e ripensa dentro di sé perennemente come l’inferno bruci per i loro peccati i dispregiatori di Dio, e come la vita eterna sia preparata per quelli che lo temono:
12. e custodendosi sempre dai peccati e dai vizi, cioè dei pensieri, della lingua, delle mani, dei piedi, della prioria volontà, nonché dalle inclinazioni della natura corrotta,
13. riflette che Dio sempre e senza posa lo guarda dal cielo, e che le sue azioni in ogni luogo sono vedute dall’occhio divino e riferite dagli Angeli ad ogni momento.
14. È appunto ciò che ci manifesta il Profeta, quando ci addita Dio così presente ai nostri pensieri, dicendo: “Dio scruta i cuori e le spalle”.
15. E similmente: “Il Signore conosce i pensieri degli uomini”.
16. Così pure dice: “Hai visto i miei pensieri da lontano”.
17. E altrove: “Il pensiero dell’uomo sarà svelato dinanzi a Te”.
18. Ora per esser cauto riguardo ai suoi cattivi pensieri, il fratello sollecito della perfezione ripeta di continuo il suo cuore: “Allora sarò mondo dinanzi a Lui, quando mi sarò guardato da ogni mio peccato”.
19. Il divieto poi di fare la volontà propria lo abbiamo dalla Scrittura che ci ordina: “Allontanati dai tuoi desideri”,
20. e similmente nell’Orazione supplichiamo Dio che si compia in noi la sua volontà.
21. A buon diritto dunque ci s’insegna di non fare la nostra volontà, se vogliamo evitare il male di cui parla la Scrittura: “Ci sono delle vie che agli uomini sembrano diritte, e che al loro sbocco sommergono fino alle profondità dell’inferno”,
22. e se dobbiamo similmente temere ciò che è scritto dei negligenti: “Sono corrotti e sono diventati abominevoli nel seguire le loro voglie”.
23. Quanto poi alle inclinazioni della guasta natura, dobbiamo allo steso modo credere che Dio è sempre presente, secondo ciò che dichiara il Profeta al Signore: “Ogni mio desiderio sta dinanzi a Te”.
24. Bisogna dunque evitare il cattivo desiderio, perché la morte sta appostata alla soglia del piacere.
25. Perciò la Scrittura ci avverte: “Non seguire le passioni”.
26. Dunque se gli occhi del Signore vedono i buoni e i cattivi,
27. e il Signore dal cielo guarda sempre sui figli degli uomini per vedere se esista chi abbia intelletto e cerchi Dio;
28. e se dagli Angeli a noi assegnati son riferite quotidianamente al Signore, giorno e notte, le nostre singole azioni,
29. bisogna dunque, fratelli, stare assiduamente in guardia perché il Signore non ci veda mai, come dice nel salmo il Profeta, incamminati al male e divenuti infruttuosi,
30. e se perdona adesso, perché è misericordioso ed aspetta la nostra conversione, non ci debba dichiarare in avvenire: “Hai fatto questo ed io ho taciuto”.
31. Il secondo gradino dell’umiltà si ha quando uno, non amando la volontà propria, non si compiace di soddisfare ai suoi desideri,
32. ma imita il signore mettendo in pratica quel suo detto: “Non son venuto a fare la volontà mia, ma di Colui che mi ha mandato”.
33. Similmente la Scrittura dice: “La propria volontà merita la pena, l’imposizione procura la corona”.
34. Il terzo gradino dell’umiltà è quello per cui uno con perfetta obbedienza si sottomette per amor di Dio al superiore, imitando il Signore di cui dice l’Apostolo: “Fattosi obbediente fino alla morte”.
35. Il quarto gradino dell’umiltà è quello del monaco che nell’esercizio dell’obbedienza, pur se riceve ordini difficili o ripugnanti, o anche qualunque specie di ingiurie, sa nel silenzio abbracciare volentieri la sofferenza,
36. e sopportando pazientemente non si perde d’animo né indietreggia, poiché la Scrittura avverte: “Chi persevererà sino alla fine sarà salvato”.
37. Così pure: “Il tuo cuore sia forte e sappi sostenere la prova del Signore”.
38. E per dimostrare che il servo fedele deve per il Signore tollerare anche qualunque contrarietà, dice ancora la Scrittura nella persona di quelli che soffrono: “Per te ogni giorno siamo messi a morte, stimati come pecore da macello”.
39. E sicuri per la speranza della ricompensa di Dio, proseguono con gioia e dicono: “Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di Colui che ci ha amati”.
40. Similmente la Scrittura in altro luogo: “Dio, tu ci hai messi alla prova; ci hai sperimentati col fuoco, come col fuoco si sperimenta l’argento. Ci hai fatti cadere in un agguato, hai messo un peso ai nostri fianchi”.
41. E per indicare che dobbiamo sottostare a un superiore, aggiunge: “Hai posto degli uomini sulle nostre teste”.
42. E osservando il precetto del Signore con la pazienza nelle avversità e nelle ingiurie, percossi in una guancia porgono l’altra, a chi toglie loro la tunica lasciano anche il mantello, costretti a fare un miglio di strada ne fanno due.
43. E con l’Apostolo Paolo tollerano i falsi fratelli e benedicono chi li maledice.
44. Il quinto gradino dell’umiltà si ha quando tutti i pensieri cattivi che si affacciano alla mente e i peccati commessi nel segreto, il monaco li svela con umile confessione al suo abate,
45. secondo l’esortazione della Scrittura: “Manifesta al Signore la tua via, confida in lui”.
46. Similmente dice: “Aprite l’animo vostro al Signore, perché Egli è buono, perché eterna è la sua misericordia”.
47. Così pure il Profeta: “Ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore.
48. Ho detto: “Confesserò al Signore le mie colpe e Tu hai perdonato l’empietà del mio cuore”.
49. Il sesto gradino dell’umiltà consiste in ciò, che il monaco si contenta delle cose più vili e spregevoli, e a tutto quello che gli venga imposto si giudica inetto ed indegno operaio,
50. appropriandosi il detto del Profeta: “Io ero stolto e non capivo, davanti a te stavo come una bestia; ma io sono sempre con Te”.
51. Il settimo gradino dell’umiltà è quello del monaco che non solo con la lingua si professa più indegno e spregevole di tutti, ma ne è convinto anche nell’intimo del cuore,
52. umiliandosi e dicendo col Profeta: “Ma io sono verme, non un uomo, infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo”.
53. “Sono sfinito, e poi umiliato e confuso”.
54. E similmente: “Bene per me se sono stato umiliato, perché io impari la tua legge”.
55. L’ottavo grandino dell’umiltà è di quel monaco che non fa se non ciò che è suggerito dalla regola comune del monastero o dall’esempio dei maggiori.
56. Il nono gradino dell’umiltà è quello per cui il monaco frena la lingua dal parlare, e mantenendosi fedele al silenzio, non parla finché non sia interrogato,
57. poiché la Scrittura insegna che “nel molto parlare non manca la colpa”,
58. e che “l’uomo dalle molte chiacchiere va senza direzione sulla terra”.
59. Il decimo gradino dell’umiltà si ha quando uno non è facile e pronto al ridere, perché è scritto: “Lo stolto alza la voce mentre ride”.
60. L’undecimo gradino dell’umiltà è quello del monaco che, quando parla, lo fa delicatamente e senza ridere, con umiltà e compostezza, e dice poche ed assennate parole, e non fa chiasso con la voce,
61. come sta scritto: “Alle poche parole si riconosce il saggio”.
62. Il dodicesimo gradino dell’umiltà si ha se il monaco non solo coltiva l’umiltà nel cuore, ma la mostra anche con l’atteggiamento esterno a quelli che lo vedono;
63. cioè nell’Officio divino, in chiesa, nell’interno del monastero, nell’orto, per via, nei campi, dappertutto insomma, quando siede, cammina o sta in piedi, ha sempre il capo chino e gli occhi fissi a terra;
64. e pensando sempre ai peccati di cui è reo, fa conto di essere già per presentarsi al tremendo giudizio di Dio,
65. ripetendo sempre a se stesso internamente ciò che disse, con gli occhi bassi verso terra, il pubblicano del Vangelo: “Signore, non sono degno io peccatore di levare gli occhi miei al cielo”.
66. come anche col Profeta: “sono sempre curvo e umiliato”.
67. Ascesi dunque tutti questi scalini dell’umiltà, il monaco giungerà subito a quell’amore perfetto che scaccia il timore:
68. e per esso tutto ciò che prima compiva non senza trepidazione, ora comincerà ad eseguirlo senza alcuna fatica, quasi spontaneamente, in forza della consuetudine,
69. e non già per il timore dell’inferno, ma per amore di Cristo, per la stessa buona abitudine e per il gusto delle virtù.
70. Son questi i frutti che il Signore, per l’opera dello Spirito Santo, si degnerà di manifestare nel suo operaio, quando già sia mondo dei suoi vizi e peccati.

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Regola di San Benedetto, Capitolo 7: L’umiltà

Il capitolo settimo della Regola di San Benedetto, è una lunga guida all’umiltà e a come ottenerla. San Benedetto descrive, con chiari riferimenti alle Scritture, dodici gradini verso l’umiltà e la strada per raggiungerli. I dodici gradini possono essere così sintetizzati:

1. Mai perdere la visione di Dio o cadere nella smemoratezza.
2. Mai agire secondo la propria volontà o compiacersi nel soddisfare i propri desideri; si deve seguire la volontà di Dio.
3. Sottomettersi con perfetta obbedienza a Dio e ai suoi superiori.
4. Di fronte a difficoltà ed ingiustizie, si deve abbracciare la sofferenza.
5. Non nascondere pensieri o azioni peccaminose, ma confessarle umilmente.
6. Accettare se stessi come inetti operai pieni di colpe.
7. Ammettere ed accettare di essere inferiori e con meno valore per poter seguire Dio.
8. Un bravo monaco segue le regole del monastero ed il suo esempio superiore.
9. Evitare di parlare, mantenendo il silenzio, salvo che non venga chiesto di parlare.
10. Evitare di ridere in quanto, ridendo facilmente, si è considerati sciocchi.
11. Quando si ha la necessità di parlare, farlo umilmente, silenziosamente, ragionevolmente e rispettosamente.
12. L’umiltà dovrebbe brillare dentro e dal cuore manifestarsi a tutti col proprio comportamento.
Il capitolo settimo sottolinea l’importanza di una completa trasparenza con Dio, sottomettendosi a Lui come peccatore imperfetto, in modo tale da poter ottenere il perdono ed essere degni del Suo regno. Arrivati all’ultimo gradino dell’umiltà, non si servirà più Dio per paura, ma per amore totale.

Capitolo settimo:

1. Grida a noi, fratelli, la divina Scrittura e ci dice: “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.
2. Col dirci dunque così, ci mostra che ogni esaltazione è una forma di superbia,
3. da cui il Profeta dichiara di volersi tenere lontano quando afferma: “Signore il mio cuore non si è innalzato, né si sono elevati i miei occhi; non ho camminato tra cose grandi e troppo alte per me”.
4. E che allora? “Se non ho avuto sentimenti di umiltà, se il mio cuore si è insuperbito, allora tu tratti l’anima mia come un bambino svezzato dal seno di sua madre”.
5. Perciò, fratelli, se volgiamo toccare la cima d’una somma umiltà e giungere celermente a quell’altezza celeste a cui si sale per l’abbassamento della vita presente,
6. bisogna con l’ascensione delle nostre opere innalzare quella scala che apparve in sogno a Giacobbe, e per la quale egli vide gli angeli scendere e salire.
7. Discesa e salita che non possono certamente essere intese da noi se non nel senso che con l’esaltazione si discende e con l’umiltà si sale.
8. La scala poi che si rizza, non è se non la nostra vita terrena, che per l’umiltà del cuore venga dal Signore diretta su verso il cielo.
9. Diciamo infatti che il corpo e l’anima nostra sono i lati di questa scala, nei quali la divina chiamata inserì diversi gradini di umiltà e di esercitazione spirituale da salire.
10. Il primo gradino dunque dell’umiltà è quello in cui l’uomo, con la visione continua della presenza di Dio dinanzi agli occhi, ispirato dal suo timore, fugge del tutto la smemoratezza,
11. e ricorda sempre i percetti di Dio, e ripensa dentro di sé perennemente come l’inferno bruci per i loro peccati i dispregiatori di Dio, e come la vita eterna sia preparata per quelli che lo temono:
12. e custodendosi sempre dai peccati e dai vizi, cioè dei pensieri, della lingua, delle mani, dei piedi, della prioria volontà, nonché dalle inclinazioni della natura corrotta,
13. riflette che Dio sempre e senza posa lo guarda dal cielo, e che le sue azioni in ogni luogo sono vedute dall’occhio divino e riferite dagli Angeli ad ogni momento.
14. È appunto ciò che ci manifesta il Profeta, quando ci addita Dio così presente ai nostri pensieri, dicendo: “Dio scruta i cuori e le spalle”.
15. E similmente: “Il Signore conosce i pensieri degli uomini”.
16. Così pure dice: “Hai visto i miei pensieri da lontano”.
17. E altrove: “Il pensiero dell’uomo sarà svelato dinanzi a Te”.
18. Ora per esser cauto riguardo ai suoi cattivi pensieri, il fratello sollecito della perfezione ripeta di continuo il suo cuore: “Allora sarò mondo dinanzi a Lui, quando mi sarò guardato da ogni mio peccato”.
19. Il divieto poi di fare la volontà propria lo abbiamo dalla Scrittura che ci ordina: “Allontanati dai tuoi desideri”,
20. e similmente nell’Orazione supplichiamo Dio che si compia in noi la sua volontà.
21. A buon diritto dunque ci s’insegna di non fare la nostra volontà, se vogliamo evitare il male di cui parla la Scrittura: “Ci sono delle vie che agli uomini sembrano diritte, e che al loro sbocco sommergono fino alle profondità dell’inferno”,
22. e se dobbiamo similmente temere ciò che è scritto dei negligenti: “Sono corrotti e sono diventati abominevoli nel seguire le loro voglie”.
23. Quanto poi alle inclinazioni della guasta natura, dobbiamo allo steso modo credere che Dio è sempre presente, secondo ciò che dichiara il Profeta al Signore: “Ogni mio desiderio sta dinanzi a Te”.
24. Bisogna dunque evitare il cattivo desiderio, perché la morte sta appostata alla soglia del piacere.
25. Perciò la Scrittura ci avverte: “Non seguire le passioni”.
26. Dunque se gli occhi del Signore vedono i buoni e i cattivi,
27. e il Signore dal cielo guarda sempre sui figli degli uomini per vedere se esista chi abbia intelletto e cerchi Dio;
28. e se dagli Angeli a noi assegnati son riferite quotidianamente al Signore, giorno e notte, le nostre singole azioni,
29. bisogna dunque, fratelli, stare assiduamente in guardia perché il Signore non ci veda mai, come dice nel salmo il Profeta, incamminati al male e divenuti infruttuosi,
30. e se perdona adesso, perché è misericordioso ed aspetta la nostra conversione, non ci debba dichiarare in avvenire: “Hai fatto questo ed io ho taciuto”.
31. Il secondo gradino dell’umiltà si ha quando uno, non amando la volontà propria, non si compiace di soddisfare ai suoi desideri,
32. ma imita il signore mettendo in pratica quel suo detto: “Non son venuto a fare la volontà mia, ma di Colui che mi ha mandato”.
33. Similmente la Scrittura dice: “La propria volontà merita la pena, l’imposizione procura la corona”.
34. Il terzo gradino dell’umiltà è quello per cui uno con perfetta obbedienza si sottomette per amor di Dio al superiore, imitando il Signore di cui dice l’Apostolo: “Fattosi obbediente fino alla morte”.
35. Il quarto gradino dell’umiltà è quello del monaco che nell’esercizio dell’obbedienza, pur se riceve ordini difficili o ripugnanti, o anche qualunque specie di ingiurie, sa nel silenzio abbracciare volentieri la sofferenza,
36. e sopportando pazientemente non si perde d’animo né indietreggia, poiché la Scrittura avverte: “Chi persevererà sino alla fine sarà salvato”.
37. Così pure: “Il tuo cuore sia forte e sappi sostenere la prova del Signore”.
38. E per dimostrare che il servo fedele deve per il Signore tollerare anche qualunque contrarietà, dice ancora la Scrittura nella persona di quelli che soffrono: “Per te ogni giorno siamo messi a morte, stimati come pecore da macello”.
39. E sicuri per la speranza della ricompensa di Dio, proseguono con gioia e dicono: “Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di Colui che ci ha amati”.
40. Similmente la Scrittura in altro luogo: “Dio, tu ci hai messi alla prova; ci hai sperimentati col fuoco, come col fuoco si sperimenta l’argento. Ci hai fatti cadere in un agguato, hai messo un peso ai nostri fianchi”.
41. E per indicare che dobbiamo sottostare a un superiore, aggiunge: “Hai posto degli uomini sulle nostre teste”.
42. E osservando il precetto del Signore con la pazienza nelle avversità e nelle ingiurie, percossi in una guancia porgono l’altra, a chi toglie loro la tunica lasciano anche il mantello, costretti a fare un miglio di strada ne fanno due.
43. E con l’Apostolo Paolo tollerano i falsi fratelli e benedicono chi li maledice.
44. Il quinto gradino dell’umiltà si ha quando tutti i pensieri cattivi che si affacciano alla mente e i peccati commessi nel segreto, il monaco li svela con umile confessione al suo abate,
45. secondo l’esortazione della Scrittura: “Manifesta al Signore la tua via, confida in lui”.
46. Similmente dice: “Aprite l’animo vostro al Signore, perché Egli è buono, perché eterna è la sua misericordia”.
47. Così pure il Profeta: “Ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore.
48. Ho detto: “Confesserò al Signore le mie colpe e Tu hai perdonato l’empietà del mio cuore”.
49. Il sesto gradino dell’umiltà consiste in ciò, che il monaco si contenta delle cose più vili e spregevoli, e a tutto quello che gli venga imposto si giudica inetto ed indegno operaio,
50. appropriandosi il detto del Profeta: “Io ero stolto e non capivo, davanti a te stavo come una bestia; ma io sono sempre con Te”.
51. Il settimo gradino dell’umiltà è quello del monaco che non solo con la lingua si professa più indegno e spregevole di tutti, ma ne è convinto anche nell’intimo del cuore,
52. umiliandosi e dicendo col Profeta: “Ma io sono verme, non un uomo, infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo”.
53. “Sono sfinito, e poi umiliato e confuso”.
54. E similmente: “Bene per me se sono stato umiliato, perché io impari la tua legge”.
55. L’ottavo grandino dell’umiltà è di quel monaco che non fa se non ciò che è suggerito dalla regola comune del monastero o dall’esempio dei maggiori.
56. Il nono gradino dell’umiltà è quello per cui il monaco frena la lingua dal parlare, e mantenendosi fedele al silenzio, non parla finché non sia interrogato,
57. poiché la Scrittura insegna che “nel molto parlare non manca la colpa”,
58. e che “l’uomo dalle molte chiacchiere va senza direzione sulla terra”.
59. Il decimo gradino dell’umiltà si ha quando uno non è facile e pronto al ridere, perché è scritto: “Lo stolto alza la voce mentre ride”.
60. L’undecimo gradino dell’umiltà è quello del monaco che, quando parla, lo fa delicatamente e senza ridere, con umiltà e compostezza, e dice poche ed assennate parole, e non fa chiasso con la voce,
61. come sta scritto: “Alle poche parole si riconosce il saggio”.
62. Il dodicesimo gradino dell’umiltà si ha se il monaco non solo coltiva l’umiltà nel cuore, ma la mostra anche con l’atteggiamento esterno a quelli che lo vedono;
63. cioè nell’Officio divino, in chiesa, nell’interno del monastero, nell’orto, per via, nei campi, dappertutto insomma, quando siede, cammina o sta in piedi, ha sempre il capo chino e gli occhi fissi a terra;
64. e pensando sempre ai peccati di cui è reo, fa conto di essere già per presentarsi al tremendo giudizio di Dio,
65. ripetendo sempre a se stesso internamente ciò che disse, con gli occhi bassi verso terra, il pubblicano del Vangelo: “Signore, non sono degno io peccatore di levare gli occhi miei al cielo”.
66. come anche col Profeta: “sono sempre curvo e umiliato”.
67. Ascesi dunque tutti questi scalini dell’umiltà, il monaco giungerà subito a quell’amore perfetto che scaccia il timore:
68. e per esso tutto ciò che prima compiva non senza trepidazione, ora comincerà ad eseguirlo senza alcuna fatica, quasi spontaneamente, in forza della consuetudine,
69. e non già per il timore dell’inferno, ma per amore di Cristo, per la stessa buona abitudine e per il gusto delle virtù.
70. Son questi i frutti che il Signore, per l’opera dello Spirito Santo, si degnerà di manifestare nel suo operaio, quando già sia mondo dei suoi vizi e peccati.