Origini della Lectio Divina
La speciale tecnica della Lectio Divina (letteralmente “lettura divina”) è un metodo di preghiera, meditazione e comunicazione con Dio. Piuttosto che affrettarsi a leggere la preghiera scritta e le Sacre Scritture, la Lectio Divina intende rallentare la preghiera, in modo che si possa assorbire la Parola e facendo questo, trascorrere del tempo con Dio. Il ritmo della Lectio Divina è un attento equilibrio di azione e ricezione, preghiera e ascolto di Dio.
Il concetto di Scrittura come qualcosa da assorbire, fare proprio e digerire lentamente, risale al III secolo, quando Origene Adamantius iniziò ad esplorare l’idea che dietro la Parola scritta di Dio potesse esserci una saggezza superiore rispetto a quella di immediata comprensione. Egli credeva nell’esistenza di un modo per comprendere questo significato più ampio: consentire alle parole di “toccare” l’ascoltatore. Nel IV secolo, anche il monachesimo orientale praticava la riflessione intima sulle Scritture, nonostante fosse diversa dal metodo della Lectio Divina. Proprio quest’ultima divenne, nel VI secolo, una parte essenziale della vita monastica e della preghiera, tanto che San Benedetto la rese parte integrante della Regola di San Benedetto: la sua guida organizzativa e spirituale per la vita in monastero. Questo approccio contemplativo ed attento alle Scritture ci riporta alla mente il Capitolo 6 della Regola di San Benedetto, sull’importanza del silenzio e dell’obbedienza attraverso l’ascolto: «Se infatti al maestro conviene parlare ed istruire, al discepolo spetta tacere ed ascoltare» (Regola di San Benedetto, Capitolo sesto). In questo caso, Dio è il maestro che parla durante la Lectio Divina e occorre ascoltare attentamente.
Come accaduto per molti concetti della sua visione monastica, San Benedetto prese ispirazione dalla Bibbia per la sua Lectio Divina: «Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioè la parola della fede che noi predichiamo» (Romani 10:8-10). La vivente parola di Dio ti circonda, è nel tuo cuore, nella tua bocca, nelle tue orecchie. Ecco un altro esempio della dinamicità della parola di Dio e della sua capacità di ascoltarci (senza il bisogno di parlare): «Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore» (Ebrei 4:12).
Ancora oggi la Lectio Divina continua ad essere un aspetto fondamentale della vita benedettina. Nel XX secolo, Papa Paolo VI le conferisce nuova vita portandola fuori dal Monastero e rendendola pratica importante della fede cristiana, come è attestato nel suo documento Dei Verbum in occasione delle riforme e dei cambiamenti del Concilio Vaticano Secondo: tutto questo potrebbe essere in parte una risposta all’approccio più storico alle Scritture, tipico del XIX secolo. Una rivalutazione della Lectio Divina continua nel XXI secolo con le parole di Papa Benedetto XVI:
«Mi piace menzionare la diffusione dell’antica pratica della Lectio Divina, o “Lettura Spirituale” della Sacra Scrittura. Essa consiste nel rimanere a lungo sopra un testo biblico, leggendolo e rileggendolo, quasi “ruminandolo” come dicono i Padri, e spremendone, per così dire, tutto il “succo”, perché nutra la meditazione e la contemplazione e giunga ad irrigare come linfa la vita concreta» (Angelus, Domenica 6 novembre 2005).
Origini della Lectio Divina
La speciale tecnica della Lectio Divina (letteralmente “lettura divina”) è un metodo di preghiera, meditazione e comunicazione con Dio. Piuttosto che affrettarsi a leggere la preghiera scritta e le Sacre Scritture, la Lectio Divina intende rallentare la preghiera, in modo che si possa assorbire la Parola e facendo questo, trascorrere del tempo con Dio. Il ritmo della Lectio Divina è un attento equilibrio di azione e ricezione, preghiera e ascolto di Dio.
Il concetto di Scrittura come qualcosa da assorbire, fare proprio e digerire lentamente, risale al III secolo, quando Origene Adamantius iniziò ad esplorare l’idea che dietro la Parola scritta di Dio potesse esserci una saggezza superiore rispetto a quella di immediata comprensione. Egli credeva nell’esistenza di un modo per comprendere questo significato più ampio: consentire alle parole di “toccare” l’ascoltatore. Nel IV secolo, anche il monachesimo orientale praticava la riflessione intima sulle Scritture, nonostante fosse diversa dal metodo della Lectio Divina. Proprio quest’ultima divenne, nel VI secolo, una parte essenziale della vita monastica e della preghiera, tanto che San Benedetto la rese parte integrante della Regola di San Benedetto: la sua guida organizzativa e spirituale per la vita in monastero. Questo approccio contemplativo ed attento alle Scritture ci riporta alla mente il Capitolo 6 della Regola di San Benedetto, sull’importanza del silenzio e dell’obbedienza attraverso l’ascolto: «Se infatti al maestro conviene parlare ed istruire, al discepolo spetta tacere ed ascoltare» (Regola di San Benedetto, Capitolo sesto). In questo caso, Dio è il maestro che parla durante la Lectio Divina e occorre ascoltare attentamente.
Come accaduto per molti concetti della sua visione monastica, San Benedetto prese ispirazione dalla Bibbia per la sua Lectio Divina: «Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioè la parola della fede che noi predichiamo» (Romani 10:8-10). La vivente parola di Dio ti circonda, è nel tuo cuore, nella tua bocca, nelle tue orecchie. Ecco un altro esempio della dinamicità della parola di Dio e della sua capacità di ascoltarci (senza il bisogno di parlare): «Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore» (Ebrei 4:12).
Ancora oggi la Lectio Divina continua ad essere un aspetto fondamentale della vita benedettina. Nel XX secolo, Papa Paolo VI le conferisce nuova vita portandola fuori dal Monastero e rendendola pratica importante della fede cristiana, come è attestato nel suo documento Dei Verbum in occasione delle riforme e dei cambiamenti del Concilio Vaticano Secondo: tutto questo potrebbe essere in parte una risposta all’approccio più storico alle Scritture, tipico del XIX secolo. Una rivalutazione della Lectio Divina continua nel XXI secolo con le parole di Papa Benedetto XVI:
«Mi piace menzionare la diffusione dell’antica pratica della Lectio Divina, o “Lettura Spirituale” della Sacra Scrittura. Essa consiste nel rimanere a lungo sopra un testo biblico, leggendolo e rileggendolo, quasi “ruminandolo” come dicono i Padri, e spremendone, per così dire, tutto il “succo”, perché nutra la meditazione e la contemplazione e giunga ad irrigare come linfa la vita concreta» (Angelus, Domenica 6 novembre 2005).