Il battito dell’Abbazia: un ritiro nel monastero

“Giovane uomo, non dimenticare la preghiera. Nella tua preghiera, se è sincera, emergerà sempre un nuovo sentimento e un nuovo pensiero che non avevi avuto prima. Ti darà nuovo coraggio.” Starets Zosiam, monaco e guida spirituale ne I Fratelli Karamazov di Fiodor Dostojevski

Un corpo con un battito è vivo, Forse è lo stesso con la nostra anima? Forse c’è bisogno di un battito nella nostra anima perchè sia viva e prosperi? Nella tradizione dei monasteri, antica di secoli, questo sembra essere un pensiero fondamentale. Preghiera e lavoro, Ora et labora, vanno assieme, giorno dopo giorno.

San Benedetto, Santo Patrono d’Europa e fondatore dell’ordine benedettino, scrive nella sua Regola del sesto secolo che i monaci devono pregare assieme sette volte al giorno. Dal mattutino dell’alba fino alla compieta della sera. La preghiera, soprattutto attraverso la recita del Libro dei Salmi, diventa il battito nel monastero.

Forse è il battito dell’Abbazia di Montecassino che io amo così tanto e forse è il battito che mi fa tornare ogni anno? Io non parlo italiano, quindi i monaci mi capiscono a fatica e io non capisco loro. Ma c’è qualcosa, forse una compagnia silenziosa, quasi amicizia, che si instaura tra di noi. E’ questo che mi fa tornare? Oppure è la ‘diversità’ della vita monastica che mi spinge a tornare per pochi giorni di ritiro? Che è così diverso dalla vita familiare quotidiana in città che io conduco? Forse.

O forse è l’indescrivibile bellezza del monastero e dei suoi dintorni? Perché io conosco pochi posti nel mondo così belli. Ogni volta rimango senza fiato. O forse sono quei secoli e secoli di preghiera dei monaci, civili o soldati della Seconda Guerra Mondiale che mi mormorano dalle pareti? Anche se le mura sono state ricostruite dopo la distruzione nel 1944, mi parlano da generazioni di credenti, che mi sussurrano piano:’ Frederick, è tutto a posto. Non sei solo. Noi tutti cerchiamo la pace. Noi tutti cerchiamo Cristo.”

La prima volta che ho passato del tempo a Montecassino è stato nel 2008. Da allora sono tornato quasi ogni anno. Arrivando spesso sempre vuoto, affamato di pace e conforto in Cristo. Andando via pochi giorni dopo, pronto per tornare alla mia indaffarata vita di tutti i giorni in città. Portando con me il battito della preghiera quotidiana. E tutte le altre cose che Montecassino significa per me. Io non so perché torno così spesso. So soltanto che lo farò di nuovo, in futuro. A Dio piacendo.

Fredrik Hoggren, ministro luterano
Chiesa di Svezia

Il battito dell’Abbazia: un ritiro nel monastero

“Giovane uomo, non dimenticare la preghiera. Nella tua preghiera, se è sincera, emergerà sempre un nuovo sentimento e un nuovo pensiero che non avevi avuto prima. Ti darà nuovo coraggio.” Starets Zosiam, monaco e guida spirituale ne I Fratelli Karamazov di Fiodor Dostojevski

Un corpo con un battito è vivo, Forse è lo stesso con la nostra anima? Forse c’è bisogno di un battito nella nostra anima perchè sia viva e prosperi? Nella tradizione dei monasteri, antica di secoli, questo sembra essere un pensiero fondamentale. Preghiera e lavoro, Ora et labora, vanno assieme, giorno dopo giorno.

San Benedetto, Santo Patrono d’Europa e fondatore dell’ordine benedettino, scrive nella sua Regola del sesto secolo che i monaci devono pregare assieme sette volte al giorno. Dal mattutino dell’alba fino alla compieta della sera. La preghiera, soprattutto attraverso la recita del Libro dei Salmi, diventa il battito nel monastero.

Forse è il battito dell’Abbazia di Montecassino che io amo così tanto e forse è il battito che mi fa tornare ogni anno? Io non parlo italiano, quindi i monaci mi capiscono a fatica e io non capisco loro. Ma c’è qualcosa, forse una compagnia silenziosa, quasi amicizia, che si instaura tra di noi. E’ questo che mi fa tornare? Oppure è la ‘diversità’ della vita monastica che mi spinge a tornare per pochi giorni di ritiro? Che è così diverso dalla vita familiare quotidiana in città che io conduco? Forse.

O forse è l’indescrivibile bellezza del monastero e dei suoi dintorni? Perché io conosco pochi posti nel mondo così belli. Ogni volta rimango senza fiato. O forse sono quei secoli e secoli di preghiera dei monaci, civili o soldati della Seconda Guerra Mondiale che mi mormorano dalle pareti? Anche se le mura sono state ricostruite dopo la distruzione nel 1944, mi parlano da generazioni di credenti, che mi sussurrano piano:’ Frederick, è tutto a posto. Non sei solo. Noi tutti cerchiamo la pace. Noi tutti cerchiamo Cristo.”

La prima volta che ho passato del tempo a Montecassino è stato nel 2008. Da allora sono tornato quasi ogni anno. Arrivando spesso sempre vuoto, affamato di pace e conforto in Cristo. Andando via pochi giorni dopo, pronto per tornare alla mia indaffarata vita di tutti i giorni in città. Portando con me il battito della preghiera quotidiana. E tutte le altre cose che Montecassino significa per me. Io non so perché torno così spesso. So soltanto che lo farò di nuovo, in futuro. A Dio piacendo.

Fredrik Hoggren, ministro luterano
Chiesa di Svezia