Discernimento Vocazionale

Quando si parla di discernimento nella vita consacrata, in particolare nel campo della formazione, è decisivo definire il quadro d’insieme entro cui ci si colloca e i criteri che si intendono utilizzare, considerando con attenzione i cambiamenti avvenuti nelle persone, sia sul piano della fede sia su quello umano e psicologico.

Formare oggi alla vita consacrata è diverso da come si faceva nei secoli passati, o anche soltanto alcuni decenni fa. Questo discorso vale anche per la vita monastica, che non va pensata come se fosse un monòlito, qualcosa dove niente può essere variato e tutto deve essere tramandato nella stessa maniera. L’orizzonte di riferimento resta sempre la novità del Vangelo che richiede un’apertura al dono dello Spirito.

Rispetto agli altri consacrati, i monaci sono poi uomini legati ad una casa. Ciò significa che entrando in monastero essi scelgono una comunità specifica nella quale rimanere per tutta la vita. La stessa vita comunitaria, dunque, è un elemento fondamentale del discernimento, e la persona che entra in monastero, oltre che ricevere da essa, vi apporta anche qualcosa.

Quale idea di Dio e di uomo?

Il discernimento presuppone un’idea di Dio, di Cristo, dell’uomo e di ciò che stiamo cercando. Se parliamo del discernimento di una persona che cerca Dio, come chiede la Regola di San Benedetto (“Se veramente cerca Dio”: Regola di S. Benedetto 58,7) bisogna capire di quale Dio stiamo parlando: si tratta del Dio di Gesù Cristo?
Un altro criterio di discernimento riguarda l’idea di uomo: in passato l’accento era rivolto soprattutto all’uomo peccatore; oggi, invece, la mutata sensibilità ci porta a vedere un cammino progressivo verso il bene, grazie al quale l’uomo può rinnovare se stesso nonostante le sue cadute e le sue ferite.

Quattro pilastri

Il cammino monastico, che inizia con il postulantato, non può prescindere da alcuni aspetti fondamentali che devono essere oggetto di verifica e di incoraggiamento da parte del maestro dei novizi e della comunità:

  • La carità fraterna: “Gareggino nello stimarsi a vicenda”(Lettera di S. Paolo ai Romani 12,10) e “Si voglia bene a tutti i fratelli con casta dilezione” (Regola di S. Benedetto 72,8).
  • L’ufficio divino: la preghiera della comunità alimenta la vita spirituale e aiuta a lodare Dio in modo autentico.
  • La preghiera personale: “La vita spirituale non si esaurisce nella partecipazione alla sola sacra liturgia. Il cristiano deve anche entrare nella sua stanza per pregare il Padre in segreto” (Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium 12).
  • Il lavoro: il monaco si guadagna da vivere con le proprie mani, e anche questo aspetto contribuisce a conferire valore alla sua esistenza.

Sintetizzando:

Non si può essere monaci se non si diventa uomini. Ciò è legato in modo naturale alla professione di fede in base alla quale Cristo è vero uomo: se vogliamo essere autentici cristiani e monaci dobbiamo diventare autenticamente umani.

Discernimento Vocazionale

Quando si parla di discernimento nella vita consacrata, in particolare nel campo della formazione, è decisivo definire il quadro d’insieme entro cui ci si colloca e i criteri che si intendono utilizzare, considerando con attenzione i cambiamenti avvenuti nelle persone, sia sul piano della fede sia su quello umano e psicologico.

Formare oggi alla vita consacrata è diverso da come si faceva nei secoli passati, o anche soltanto alcuni decenni fa. Questo discorso vale anche per la vita monastica, che non va pensata come se fosse un monòlito, qualcosa dove niente può essere variato e tutto deve essere tramandato nella stessa maniera. L’orizzonte di riferimento resta sempre la novità del Vangelo che richiede un’apertura al dono dello Spirito.

Rispetto agli altri consacrati, i monaci sono poi uomini legati ad una casa. Ciò significa che entrando in monastero essi scelgono una comunità specifica nella quale rimanere per tutta la vita. La stessa vita comunitaria, dunque, è un elemento fondamentale del discernimento, e la persona che entra in monastero, oltre che ricevere da essa, vi apporta anche qualcosa.

Quale idea di Dio e di uomo?

Il discernimento presuppone un’idea di Dio, di Cristo, dell’uomo e di ciò che stiamo cercando. Se parliamo del discernimento di una persona che cerca Dio, come chiede la Regola di San Benedetto (“Se veramente cerca Dio”: Regola di S. Benedetto 58,7) bisogna capire di quale Dio stiamo parlando: si tratta del Dio di Gesù Cristo?
Un altro criterio di discernimento riguarda l’idea di uomo: in passato l’accento era rivolto soprattutto all’uomo peccatore; oggi, invece, la mutata sensibilità ci porta a vedere un cammino progressivo verso il bene, grazie al quale l’uomo può rinnovare se stesso nonostante le sue cadute e le sue ferite.

Quattro pilastri

Il cammino monastico, che inizia con il postulantato, non può prescindere da alcuni aspetti fondamentali che devono essere oggetto di verifica e di incoraggiamento da parte del maestro dei novizi e della comunità:

  • La carità fraterna: “Gareggino nello stimarsi a vicenda”(Lettera di S. Paolo ai Romani 12,10) e “Si voglia bene a tutti i fratelli con casta dilezione” (Regola di S. Benedetto 72,8).
  • L’ufficio divino: la preghiera della comunità alimenta la vita spirituale e aiuta a lodare Dio in modo autentico.
  • La preghiera personale: “La vita spirituale non si esaurisce nella partecipazione alla sola sacra liturgia. Il cristiano deve anche entrare nella sua stanza per pregare il Padre in segreto” (Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium 12).
  • Il lavoro: il monaco si guadagna da vivere con le proprie mani, e anche questo aspetto contribuisce a conferire valore alla sua esistenza.

Sintetizzando:

Non si può essere monaci se non si diventa uomini. Ciò è legato in modo naturale alla professione di fede in base alla quale Cristo è vero uomo: se vogliamo essere autentici cristiani e monaci dobbiamo diventare autenticamente umani.