Apertura dell’Anno Giubilare in Abbazia

Solennità della Sacra Famiglia e apertura dell’anno Giubilare. Di seguito il testo integrale dell’omelia dell’Abate Luca.
Letture: 1Sam 1,20-22.24-28; Sal 83 (84); 1Gv 3,1-2.21-24; Lc 2,41-52
Papa Francesco, nell’indire il Giubileo ordinario del 2025, ha voluto che nelle Chiese locali l’Anno Santo si aprisse in questa domenica, nella quale celebriamo la festa della Santa Famiglia di Nazaret. Per una felice coincidenza, in questo terzo anno del ciclo liturgico, durante il quale nelle domeniche leggiamo il racconto di Luca, ascoltiamo come Vangelo della festa l’episodio del cosiddetto smarrimento di Gesù dodicenne nel Tempio di Gerusalemme. Uno degli elementi caratteristici del Giubileo è infatti il pellegrinaggio: ci si reca a Roma o in altri luoghi religiosi significativi per celebrarvi la misericordia di Dio. E il Vangelo di Luca ci narra del pellegrinaggio che Gesù stesso vive verso Gerusalemme, insieme a Maria e Giuseppe e ad altri uomini e donne della Galilea. Nella tradizione religiosa ebraica, le tre feste liturgiche principali dell’anno, e cioè Pasqua, Pentecoste e la festa delle Capanne, comportavano che ci si recasse in pellegrinaggio a Gerusalemme per adorare Dio nel Tempio e sperimentare la beatitudine che ci è stata ricordata dal Salmo responsoriale: «Beato chi abita nella tua casa, Signore». Così fanno Giuseppe, Maria e Gesù. Luca precisa che siamo nella festa di Pasqua, e anche loro si mettono in cammino da Nazaret verso Gerusalemme. Accade però qualcosa di inatteso: sulla via del ritorno, i genitori di Gesù si accorgono che il loro figlio non è con loro e devono mettersi a cercarlo, dapprima nella carovana, tra i parenti e gli amici, poi a Gerusalemme, fin quando non lo ritrovano nel tempio. Ecco allora che, con questo suo modo di raccontare, l’evangelista ci suggerisce un aspetto essenziale di ogni autentico pellegrinaggio, che deve essere un’esperienza profonda di ricerca del Signore. Il cammino è, nella tradizione spirituale, un grande simbolo di ricerca. Un cammino spirituale è un cammino di ricerca del Signore. Il racconto di Luca, tuttavia, ci suggerisce un aspetto ulteriore, in un certo senso ancora più significativo. L’evangelista, infatti, ci presenta in questa pagina Gesù non solo come colui che viene cercato, da Maria e da Giuseppe, ma anzitutto come colui che cerca. Lui stesso cerca e cerca in particolare il volto del Padre, la sua casa, la sua volontà. Infatti, quando Maria e Giuseppe al terzo giorno finalmente lo ritrovano, lo vedono mentre sta ascoltando e interrogando i sacerdoti del tempio. Scrive l’evangelista: «Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava» (Lc 2,46). «Ascoltare» e «interrogare» sono verbi di ricerca. Gesù stesso ascolta e interroga i maestri di Israele perché attraverso di loro, grazie al loro insegnamento e alla loro interpretazione delle Scritture sante, egli cerca il volere del Padre. Così infatti risponde alla domanda angosciata di Maria e di Giuseppe: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Gesù cerca il Padre e le sue cose, il suo volere, di cui deve occuparsi. Dunque, Gesù è colui che cerchiamo, ma è anche colui che cerca in prima persona, e insegna così anche a noi come cercare a nostra volta il Padre. Trovare Gesù dopo averlo cercato significa entrare nella sua stessa ricerca, significa imparare a cercare come lui e in lui il Padre e il suo volere. Troviamo davvero Gesù quando impariamo a cercare come lui e in lui il volto del Padre.
Gesù cerca il Padre e per questo rimane nella sua casa, il tempio di Gerusalemme. Ma poi cerca anche noi uomini e donne, e per lo stesso motivo entra nelle nostre case, per cercarci e trovarci. Qui siamo all’inizio del Vangelo, in uno dei primi pellegrinaggi che Gesù vive verso Gerusalemme. Nell’ultimo grande viaggio verso la Città santa che egli farà, e che si concluderà con la sua Pasqua di morte e di risurrezione, proprio subito prima di salire a Gerusalemme, Gesù a Gerico incontra Zaccheo, entra nella sua casa ed esclama: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (Lc 19,9). Ecco una bella e profonda immagine di Gesù che Luca ci offre attraverso l’intero suo Vangelo. Gesù entra e rimane nel Tempio per cercare il volere del Padre, ma allo stesso modo entra e rimane nelle nostre case per donarci la salvezza di Dio, perché questo è il volere del Padre suo al quale egli deve obbedire: che tutti i suoi figli e le sue figlie siano salvati, possano cioè conoscere la misericordia, il perdono, la salvezza di Dio.
Allora, in questo Anno Santo, dobbiamo metterci in cammino, vivere un grande pellegrinaggio nella speranza che non delude, custodendo questa duplice consapevolezza: che dobbiamo camminare per cercare il Signore, ma al tempo stesso dobbiamo lasciarci da lui trovare, perché il Signore stesso è colui che ci cerca, ci trova, per donarci la misericordia, il perdono, l’indulgenza di Dio.
Il racconto di Luca che abbiamo ascoltato nel Vangelo odierno si conclude con questa annotazione: Gesù scese con loro, con Maria e Giuseppe, e venne a Nazaret dove cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (cf. Lc 2,51-52). Ogni pellegrinaggio, anche quelli che vivremo in questo Anno santo, si conclude poi con il ritorno nella propria città, nel proprio paese, nella propria casa. Si vive una esperienza straordinaria per poi tornare all’ordinarietà della vita di sempre, ora trasformati dall’incontro con il perdono di Dio, affinché possiamo crescere, dentro la nostra vita quotidiana, non solo in età, invecchiando, ma anche in sapienza e grazia. Il perdono e l’indulgenza che riceviamo da Dio devono portare i loro frutti nella vita di ogni giorno.