Messa del Giorno di Natale a Montecassino. Le parole dell’Abate Luca.

Letture: Is 52,7-10; Sal 97 (98); Eb 1,1-6; Gv 1,1-18

A Natale si fanno e si ricevano molti auguri. È certamente l’esperienza che ciascuno di voi sta facendo in questi giorni di festa. Tra i molti auguri che anch’io ho ricevuto, uno mi ha colpito in modo particolare. Era accompagnato da questa frase, che si è subito impressa nella mia memoria e nel mio cuore. Diceva: «Dire all’oscurità che non è onnipotente». Il Natale è anche questo: è l’avvenimento di una luce più forte di ogni tenebra. Vivere e annunciare il Natale, come stiamo facendo in questa celebrazione, significa poter dire all’oscurità che non è onnipotente. A volte, dobbiamo confessarlo, abbiamo l’impressione che non sia così: che la notte, le tenebre, abbiano una forza che parrebbe invincibile. Pensiamo all’oscurità delle guerre, che non riusciamo a condurre verso terre di autentica pace. Pensiamo all’oscurità delle malattie, che non sempre riusciamo a sconfiggere. Pensiamo all’oscurità di tanti piccoli o grandi conflitti che non riusciamo a riconciliare, a tante divisioni che non riusciamo a ricomporre. Pensiamo in particolare all’oscurità della morte, che si presenta in apparenza come un limite invalicabile per la nostra esistenza. O all’oscurità dei peccati, dal cui peso non riusciamo a liberarci. C’è tanta oscurità nella vita di ciascuno di noi, come pure nella natura, nel mondo, nella storia. Eppure, il Natale ci chiede, e soprattutto ci dona la possibilità di avere questa fede, che ci consente di dire a tutta questa tenebra: no, contro ogni apparenza non sei onnipotente, non sei invincibile. Perché Onnipotente è soltanto colui che è venuto nella nostra carne per liberarci da ogni forma di tenebra e condurci nel suo regno di luce.

Sì, il Natale è un evento di luce. Lo abbiamo già ascoltato questa notte, nelle parole del profeta Isaia: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse». Isaia sta parlando al suo popolo, Israele, e molti secoli fa. Ma anche noi siamo quel popolo, anche noi, mentre camminiamo nelle tenebre, possiamo comunque contemplare una grande luce.

Ce lo ha ripetuto In questa celebrazione, con grande coraggio e fiduciosa insistenza, l’evangelista Giovanni, nel Prologo al suo Vangelo: «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta». In Cristo, luce vera del mondo, possiamo davvero dire alle tenebre: no, non siete invincibili, non siete onnipotenti!

E parlando del Battista, il Prologo continua a battere sul tema della luce: «Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce… non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce». Noi siamo come Giovanni: non siamo la luce, la luce è Gesù, ma noi siamo chiamati a dare testimonianza alla luce. Dobbiamo farlo dicendo alle tenebre: non siete onnipotenti, non siete invincibili.

Continua ancora il Prologo: «Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo». Anche quando siamo nell’oscurità, siamo illuminati da questa luce. Se la accogliamo, afferma l’evangelista, questa luce ci dona la possibilità di diventare figli di Dio, cioè figli luminosi, in Gesù, che è la vera luce del mondo. Noi non siamo la luce, siamo i testimoni della luce, ma se accogliamo questa luce, essa ci rende luminosi. Non solo rischiara le tenebre, ma rende anche noi luminosi, liberandoci dall’oscurità che ci può essere nella nostra vita.

Quali sono i tratti con cui questa luce si manifesta nella nostra esistenza? Sono numerosi. Vorrei ricordarne tre, prendendoli ciascuno da una delle tre letture che abbiamo ascoltato. La lettera agli Ebrei ci ha annunciato che Dio, che aveva già parlato molte volte e in diversi modi nei tempi antichi, adesso parla a noi nel Figlio e ci rivela il suo volto, la sua gloria, il suo mistero. La luce di Gesù è dunque una luce di rivelazione, che ci fa conoscere il vero volto di Dio. È dunque una luce che dissipa le tenebre dell’ignoranza, dell’errore, dell’incredulità e soprattutto ci libera da tante false immagini di Dio che noi ci costruiamo. È una luce di rivelazione, di conoscenza.

Il profeta Isaia, nella prima lettura, ci ha annunciato che Dio ha consolato il suo popolo. Dunque questa luce è una luce di consolazione. Per la Bibbia, sono molti i motivi di afflizione, ma si possono tutti ricondurre a tre poli fondamentali: la malattia, la morte, il peccato. E queste situazioni ci affliggono perché compromettono le nostre relazioni, gettandoci nella solitudine. Il peccato rompe la relazione con Dio e tra di noi, così come la morte e la malattia stessa. Per Dio, allora consolare significa rendere meno sola la vita, significa ritessere relazioni dove esse vengono interrotte. La luce di Gesù dissipa le tenebre delle nostre solitudini, donandoci la comunione con il Padre. Anche noi possiamo ascoltare sulla nostra vita la promessa che la lettera agli Ebrei riferisce a Gesù, il Figlio Unigenito: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio». Dio ci consola e vince le nostre solitudini accogliendoci come figli amati nel suo abbraccio paterno.

Infine, nel Vangelo, Giovanni ci annuncia che a quanti accolgono colui che viene nel mondo come luce vera, egli dà il potere di diventare figli di Dio. La sua è la luce di una nuova nascita. La vita è luce, e per noi nascere significa venire alla luce. Rinascere significa venire alla luce vera, quella di Gesù. Mentre il sole non riesce a vincere per sempre le tenebre, così che a ogni alba segue sempre un tramonto e una nuova notte, la luce di Gesù vince per sempre la notte, e giungerà il tempo, come profetizza l’Apocalisse, nel quale non ci sarà più notte. A illuminarci infatti non sarà più il sole come astro naturale, ma il sole che è Gesù, nato, morto e risorto per noi. In lui anche noi veniamo di nuovo alla luce, rinasciamo. Oggi celebriamo la festa della nascita di Gesù, ma in lui anche noi rinasciamo. Questa è anche la festa della nostra nuova nascita, del nostro venire per sempre alla luce, e alla luce vera, che non tramonta più, che non lascia più tempo e spazio alle tenebre della notte.

E allora possiamo fare nostro l’augurio che ho ricevuto, possiamo scambiarcelo in questa festa di Natale come vero dono, il più prezioso tra i tanti doni che riceviamo. Il vero dono che possiamo e dobbiamo condividere tra noi è poter dire alle tenebre: non siete onnipotenti, non siete invincibili.