“Siamo all’inizio di un nuovo anno. Un anno speciale, perché vogliamo che sia un anno santo, non solo perché il papa lo ha indetto, ma perché desideriamo che davvero sia un tempo nel quale incontrare la santità di Dio per lasciarci da essa trasformare.” Le parole dell’Abate Luca nella celebrazione del 1 gennaio 2025

Letture: Nm 6,22-27; Sal 66 (67); Gal 4,4-7; Lc 2,16-21

In questa celebrazione più motivi di preghiera, di ringraziamento, di intercessione, si intrecciano insieme. Celebriamo nell’Ottava di Natale la Madre di Dio, Maria santissima, che con la sua obbedienza e il suo desiderio di conformarsi alla volontà di Dio ha consentito al Figlio di Dio di venire nella nostra carne, da lei generato. È anche il primo giorno di un nuovo anno, con tutto il carico di attesa e di speranza, ma anche di timore e di trepidazione di cui esso si riveste. Infine, da sessantotto anni, per volontà di Paolo VI, celebriamo in questo giorno la Giornata mondiale della Pace. E celebriamo tutto questo nella luce della parola di Dio che abbiamo ascoltato, la quale sempre ci offre i giusti criteri di interpretazione per vivere bene questo giorno così ricco di temi, di prospettive, di motivi di preghiera.

È significativo che ogni anno, il nuovo anno inizi nella prospettiva aperta dallo sguardo di Maria. È uno sguardo, il suo, capace non solo di vedere, ma di scavare in profondità, di cercare il senso di quanto avviene, di custodire il suo mistero senza violarlo ma anche senza disperderlo o trascurarlo. Ce lo ricorda l’evangelista Luca con poche, semplici, ma efficaci parole: «Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore». La maternità di Maria è ampia, accogliente, dai molteplici aspetti. Non è solo la maternità di colei che ha saputo accogliere nel suo grembo la Parola di Dio fino al punto da generarla nella nostra carne. È anche la maternità di chi sa accogliere e custodire ciò che accade, le parole che ascolta, gli eventi che contempla, persino il segreto dei silenzi e di ciò che non viene detto, o non viene detto subito, o non può essere immediatamente compreso. Maria custodisce e medita. Anche questi sono verbi, sono atteggiamenti materni, che però possiamo fare nostri. Abbiamo celebrato il Natale, stiamo celebrando l’inizio di un nuovo anno, ci sono tanti motivi per far festa, per distrarsi, per svagarsi… Ma è necessario anche fare silenzio, meditare, cercare il senso.

Non possiamo infatti dimenticare che stiamo vivendo questi giorni di festa mentre in tante parti del nostro mondo gli uomini e le donne vivono giorni di lutto, di terrore, di disperazione. Lo ricordava ieri il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio che come di consueto ha rivolto agli italiani nell’ultimo giorno dell’anno. Tra le tante cose importanti che ha ricordato, ha anche affermato che

…viviamo momenti difficili … migliaia di vittime civili delle guerre in corso turbano tragicamente le nostre coscienze. Nella notte di Natale si è diffusa la notizia che a Gaza una bambina di pochi giorni è morta assiderata. Nella stessa notte di Natale feroci bombardamenti russi hanno colpito le centrali di energia delle città dell’Ucraina per costringere quella popolazione civile al buio e al gelo. Gli innocenti rapiti da Hamas, e tuttora ostaggi, vivono un secondo inizio di anno in condizioni disumane. Queste forme di barbarie non risparmiano neppure il Natale e le festività più sentite. Eppure mai come adesso la pace grida la sua urgenza.

Dobbiamo avere lo sguardo e il cuore di Maria anche per custodire e meditare queste cose. Non solo per custodire e meditare la parola di Dio, o gli eventi straordinari e luminosi del Natale, ma anche per custodire e meditare questi eventi tragici, dai quali le nostre coscienze sono turbate. Devono esserlo. Guai se non lo fossero! Quello di Maria è lo sguardo di una madre, che genera la vita. Così deve essere anche il nostro sguardo. Deve vedere tutto ciò che accade, anche quello che ci turba, che fatichiamo a comprendere e ancor più a sopportare, per poi generare gesti che sappiano seminare pace, giustizia, speranza. Là dove siamo, là dove viviamo.

Ce lo ha ricordato papa Francesco nel suo messaggio per l’odierna Giornata mondiale della pace. Egli ci invita a «disarmare» anzitutto il cuore, e spiega:

Il disarmo del cuore è un gesto che coinvolge tutti, dai primi agli ultimi, dai piccoli ai grandi, dai ricchi ai poveri. A volte, basta qualcosa di semplice come «un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito». Con questi piccoli-grandi gesti, ci avviciniamo alla meta della pace e vi arriveremo più in fretta, quanto più, lungo il cammino accanto ai fratelli e sorelle ritrovati, ci scopriremo già cambiati rispetto a come eravamo partiti. Infatti, la pace non giunge solo con la fine della guerra, ma con l’inizio di un nuovo mondo, un mondo in cui ci scopriamo diversi, più uniti e più fratelli rispetto a quanto avremmo immaginato.

Siamo all’inizio di un nuovo anno. Un anno speciale, perché vogliamo che sia un anno santo, non solo perché il papa lo ha indetto, ma perché desideriamo che davvero sia un tempo nel quale incontrare la santità di Dio per lasciarci da essa trasformare. Sarà un anno in cui potremo farci pellegrini di speranza, con questa certezza che le parole del papa ci hanno appena ricordato: si compie un pellegrinaggio, ci mettiamo in cammino non solo per raggiungere una meta, ma soprattutto per lasciarci cambiare durante il cammino. Anzi, per lasciarci cambiare dal cammino stesso.

Chiediamo a Maria e al suo sguardo materno di custodirci e di vegliare su di noi. Gesù, scrive san Paolo nella lettera ai Galati, è nato da donna ed è nato sotto la Legge. Certamente qui l’apostolo pensa alla Legge mosaica, alla Torà di Mosè. Possiamo però intendere la sua espressione in senso ampio: è nato sotto la legge in cui vive ogni uomo e ogni donna: la legge di uno spazio, di un tempo, che sono questo spazio qui, non un altro, questo tempo qui, non un altro, anche questo tempo drammatico nel quale stiamo vivendo e nel quale probabilmente continueremo a vivere nel nuovo anno. San Paolo però aggiunge che Gesù è nato sotto la Legge per riscattare quelli che erano sotto la Legge perché ricevessimo l’adozione a figli (cf. Gal 4,4-5). Tutto questo significa che Gesù ci dona la possibilità di vivere in questo tempo e in questo spazio, ma da figli di Dio. Da persone cioè che, pur dentro i drammi della storia, continuano a credere che Dio è Padre, continuano a testimoniare il suo perdono, ad annunciare la sua pace, a compiere nell’amore gesti di speranza, a pronunciare parole di luce, capaci di rischiarare l’oscurità della notte, di riscaldare dal suo gelo, di rifocillare. Camminiamo dunque nella speranza, e lasciamoci cambiare dal cammino, per essere figli di Dio non solo in cielo, quando lo raggiungeremo, ma già ora qui, in questa terra, in questa storia, in questo luogo, in questo tempo.