Dalle soppressioni del sec XIX ad oggi
Promulgata il 13 febbraio 1807 la legge napoleonica di soppressione degli Ordini monastici nel regno napoletano, il 21 febbraio 1810 seguì una lettera ministeriale con la quale l’abate Aurelio Visconti era privato della giurisdizione pastorale, e i paesi appartenenti alla giurisdizione abbaziale divisi tra i vescovi confinanti, i quali tuttavia continuarono a collaborare con l’abate, che la Sede Apostolica riconosceva infatti come unico legittimo pastore del territorio cassinese. Solo nel 1815, con il ritorno di Ferdinando IV di Borbone sul trono del regno di Napoli e grazie all’appoggio congiunto del sovrano e di papa Pio VII, veniva riattivato l’esercizio della giurisdizione spirituale, ormai libera dai condizionamenti del potere feudale e della connessa giurisdizione civile, come fu poi confermato dal concordato del 16 febbraio 1818.
Dopo la restaurazione borbonica del 1815 la vita monastica riprese completamente ma con minori energie, sebbene si registri un’attività intellettuale abbastanza vivace, con archivisti ed editori di testi come Ottavio Fraja Frangipane (†1843), e con l’istituzione di un collegio per alunni esterni. Un nuovo turbine intanto si abbatteva sul monastero, che subì infatti le conseguenze della legge di soppressione nel 1866.
Proclamato infatti il nuovo regno d’Italia il 17 marzo 1861, una nuova legge che aboliva le corporazioni religiose si abbatteva il 7 luglio 1866 anche su Montecassino: il monastero veniva dichiarato monumento nazionale, l’abate conservava però la sua funzione di Ordinario della diocesi cassinese, la chiesa abbaziale ne costituiva la cattedrale, e il monastero stesso fungeva da residenza del capitolo formato dalla comunità dei monaci, oltre ad ospitare gli uffici della curia e il seminario diocesano.
Ormai privo di potenza politica e impoverito per la perdita del suo patrimonio, Montecassino si adoperò per preservare l’autentico spirito monastico. Rifiorirono gli studi con pubblicazioni di documenti d’archivio, grazie anche alla presenza sul posto di una tipografia e di una cromolitografia; si accrebbe sempre più il collegio laicale e fu istituito un osservatorio meteorologico e geodinamico. Nel campo degli studi sul finire dell’800 si distinsero particolarmente monaci come Luigi Tosti (†1897), Andrea Caravita (†1875), Cesare Quandel (†1880), Anselmo Caplet (†1916), Oderisio Piscicelli Taeggi (†1917), Ambrogio Amelli (†1933). Non fu trascurata nel contempo l’attività artistica: infatti nel 1880 fu consacrato il nuovo santuario della Torre di S. Benedetto, alla cui decorazione aveva lavorato un gruppo scelto di monaci guidati da Desiderio Lenz, dell’abbazia di Beuron, fondatore di quella corrente d’arte religiosa chiamata appunto “Beuroner Kunst”; la stessa schiera di artisti avrebbe poi rinnovato la decorazione della cripta sottostante la basilica, consacrata nel 1913.
Nel sec. XIX la personalità dominante nel mondo cassinese è quella del già menzionato Luigi Tosti, che amò di pari amore la Chiesa e l’Italia, a tal punto da sentirle identificate e complementari. Amico di intellettuali e uomini politici come Balbo, Gioberti, Gregorovius, Pellico, Manzoni, Rosmini, Vieusseux, Renan, l’anglicano Gladstone, tenne una corrispondenza vastissima. Durante il periodo nel quale si minacciava la soppressione di tutte le corporazioni religiose in Italia, ampia eco ebbe un suo scritto del 1860 dal titolo: San Benedetto al Parlamento Nazionale, nel quale egli difendeva al cospetto del Parlamento italiano lo spirito del monachesimo. Egli scriveva: «Lasciateci monaci, se ci volete cittadini benefici (…). L’uomo d’armi, l’uomo del lavoro, l’uomo dei negozi, tutti hanno cittadinanza nella vostra compagnia; possibile che il solo uomo della preghiera sia forestiero nella terra dei cattolici? Lasciateci salmeggiare, perché la preghiera è il vincolo del nostro sodalizio e della nostra fatica: è il nostro mestiere: per lei siamo monaci, per lei saremo sempre con voi, per lei San Benedetto vuole starsene con la sua Italia».
Il Tosti proprio in quegli anni tenne un copioso carteggio con il senatore Gabrio Casati, grazie al cui autorevole appoggio si ottenne qualche positivo risultato per Montecassino. E proprio dalle lettere del Tosti al Casati emerge un acuto desiderio di conciliazione fra Stato e Chiesa, anche se l’immaturità dei tempi non permise allora di veder coronata questa speranza pur così a lungo nutrita.
Il monastero, dopo l’adattamento alla nuova situazione venutasi a creare con l’ultima soppressione, si riprese lentamente sotto gli abati Nicola d’Orgemont (1871-1896) e Bonifacio Krug (1897-1909), raggiungendo un nuovo culmine, anche nella pubblica estimazione, nel 1929, anno in cui si celebrò il XIV centenario della fondazione. Era abate Gregorio Diamare (1909-1945), consacrato vescovo il 12 marzo dell’anno precedente. Purtroppo sarebbe stato lui a vivere in prima persona durante la 2a guerra mondiale il dramma della distruzione di Montecassino il 15 febbraio 1944, allorché il monastero fu sottoposto ad un massiccio e del tutto ingiustificato bombardamento aereo da parte delle forze alleate, che ne causò la devastazione pressoché totale. Scomparso il Diamare l’anno seguente, gli succedeva nell’opera di ricostruzione materiale e morale l’abate Ildefonso Rea (1945-1971), che provvide a riedificare non solo il monumentale monastero ma anche le tante chiese e parrocchie della diocesi tra il Cassinate e la Valle di Comino, ricche di documenti dell’arte medievale. Consacrato anch’egli vescovo nel 1963, partecipò con impegno ai lavori del Concilio Vaticano II, e proprio nel corso dell’assise ecumenica papa Paolo VI, accompagnato da una folta schiera di padri conciliari, il 24 ottobre 1964 consacrava la nuova basilica di Montecassino, proclamando s. Benedetto patrono principale di tutta l’Europa. Era come il più alto riconoscimento della missione evangelizzatrice svolta in tanti secoli dall’abbazia cassinese, poi ulteriormente confermata dalle visite di papa Giovanni Paolo II il 18 maggio 1979 e il 20 settembre 1980, nonché da quella che papa Benedetto XVI compì a Cassino e a Montecassino il 24 maggio 2009, concludendola in preghiera presso il sepolcro del santo patriarca Benedetto, che egli, per il suo esempio di santità e dottrina, volle nuovamente proporre alla Chiesa e all’umanità di oggi come testimone dell’unica vera e durevole civiltà, la civiltà dell’amore. Il 23 ottobre 2014, nel secondo anno di pontificato di papa Francesco, la Congregazione per i Vescovi ha confermato che l’abbazia territoriale di Montecassino, con un ambito giurisdizionale ora relativo alla chiesa cattedrale, all’annesso cenobio e al territorio immediatamente circostante con i suoi edifici, costituisce una circoscrizione ecclesiastica equiparata a diocesi.
Dalle soppressioni del sec XIX ad oggi
Promulgata il 13 febbraio 1807 la legge napoleonica di soppressione degli Ordini monastici nel regno napoletano, il 21 febbraio 1810 seguì una lettera ministeriale con la quale l’abate Aurelio Visconti era privato della giurisdizione pastorale, e i paesi appartenenti alla giurisdizione abbaziale divisi tra i vescovi confinanti, i quali tuttavia continuarono a collaborare con l’abate, che la Sede Apostolica riconosceva infatti come unico legittimo pastore del territorio cassinese. Solo nel 1815, con il ritorno di Ferdinando IV di Borbone sul trono del regno di Napoli e grazie all’appoggio congiunto del sovrano e di papa Pio VII, veniva riattivato l’esercizio della giurisdizione spirituale, ormai libera dai condizionamenti del potere feudale e della connessa giurisdizione civile, come fu poi confermato dal concordato del 16 febbraio 1818.
Dopo la restaurazione borbonica del 1815 la vita monastica riprese completamente ma con minori energie, sebbene si registri un’attività intellettuale abbastanza vivace, con archivisti ed editori di testi come Ottavio Fraja Frangipane (†1843), e con l’istituzione di un collegio per alunni esterni. Un nuovo turbine intanto si abbatteva sul monastero, che subì infatti le conseguenze della legge di soppressione nel 1866.
Proclamato infatti il nuovo regno d’Italia il 17 marzo 1861, una nuova legge che aboliva le corporazioni religiose si abbatteva il 7 luglio 1866 anche su Montecassino: il monastero veniva dichiarato monumento nazionale, l’abate conservava però la sua funzione di Ordinario della diocesi cassinese, la chiesa abbaziale ne costituiva la cattedrale, e il monastero stesso fungeva da residenza del capitolo formato dalla comunità dei monaci, oltre ad ospitare gli uffici della curia e il seminario diocesano.
Ormai privo di potenza politica e impoverito per la perdita del suo patrimonio, Montecassino si adoperò per preservare l’autentico spirito monastico. Rifiorirono gli studi con pubblicazioni di documenti d’archivio, grazie anche alla presenza sul posto di una tipografia e di una cromolitografia; si accrebbe sempre più il collegio laicale e fu istituito un osservatorio meteorologico e geodinamico. Nel campo degli studi sul finire dell’800 si distinsero particolarmente monaci come Luigi Tosti (†1897), Andrea Caravita (†1875), Cesare Quandel (†1880), Anselmo Caplet (†1916), Oderisio Piscicelli Taeggi (†1917), Ambrogio Amelli (†1933). Non fu trascurata nel contempo l’attività artistica: infatti nel 1880 fu consacrato il nuovo santuario della Torre di S. Benedetto, alla cui decorazione aveva lavorato un gruppo scelto di monaci guidati da Desiderio Lenz, dell’abbazia di Beuron, fondatore di quella corrente d’arte religiosa chiamata appunto “Beuroner Kunst”; la stessa schiera di artisti avrebbe poi rinnovato la decorazione della cripta sottostante la basilica, consacrata nel 1913.
Nel sec. XIX la personalità dominante nel mondo cassinese è quella del già menzionato Luigi Tosti, che amò di pari amore la Chiesa e l’Italia, a tal punto da sentirle identificate e complementari. Amico di intellettuali e uomini politici come Balbo, Gioberti, Gregorovius, Pellico, Manzoni, Rosmini, Vieusseux, Renan, l’anglicano Gladstone, tenne una corrispondenza vastissima. Durante il periodo nel quale si minacciava la soppressione di tutte le corporazioni religiose in Italia, ampia eco ebbe un suo scritto del 1860 dal titolo: San Benedetto al Parlamento Nazionale, nel quale egli difendeva al cospetto del Parlamento italiano lo spirito del monachesimo. Egli scriveva: «Lasciateci monaci, se ci volete cittadini benefici (…). L’uomo d’armi, l’uomo del lavoro, l’uomo dei negozi, tutti hanno cittadinanza nella vostra compagnia; possibile che il solo uomo della preghiera sia forestiero nella terra dei cattolici? Lasciateci salmeggiare, perché la preghiera è il vincolo del nostro sodalizio e della nostra fatica: è il nostro mestiere: per lei siamo monaci, per lei saremo sempre con voi, per lei San Benedetto vuole starsene con la sua Italia».
Il Tosti proprio in quegli anni tenne un copioso carteggio con il senatore Gabrio Casati, grazie al cui autorevole appoggio si ottenne qualche positivo risultato per Montecassino. E proprio dalle lettere del Tosti al Casati emerge un acuto desiderio di conciliazione fra Stato e Chiesa, anche se l’immaturità dei tempi non permise allora di veder coronata questa speranza pur così a lungo nutrita.
Il monastero, dopo l’adattamento alla nuova situazione venutasi a creare con l’ultima soppressione, si riprese lentamente sotto gli abati Nicola d’Orgemont (1871-1896) e Bonifacio Krug (1897-1909), raggiungendo un nuovo culmine, anche nella pubblica estimazione, nel 1929, anno in cui si celebrò il XIV centenario della fondazione. Era abate Gregorio Diamare (1909-1945), consacrato vescovo il 12 marzo dell’anno precedente. Purtroppo sarebbe stato lui a vivere in prima persona durante la 2a guerra mondiale il dramma della distruzione di Montecassino il 15 febbraio 1944, allorché il monastero fu sottoposto ad un massiccio e del tutto ingiustificato bombardamento aereo da parte delle forze alleate, che ne causò la devastazione pressoché totale. Scomparso il Diamare l’anno seguente, gli succedeva nell’opera di ricostruzione materiale e morale l’abate Ildefonso Rea (1945-1971), che provvide a riedificare non solo il monumentale monastero ma anche le tante chiese e parrocchie della diocesi tra il Cassinate e la Valle di Comino, ricche di documenti dell’arte medievale. Consacrato anch’egli vescovo nel 1963, partecipò con impegno ai lavori del Concilio Vaticano II, e proprio nel corso dell’assise ecumenica papa Paolo VI, accompagnato da una folta schiera di padri conciliari, il 24 ottobre 1964 consacrava la nuova basilica di Montecassino, proclamando s. Benedetto patrono principale di tutta l’Europa. Era come il più alto riconoscimento della missione evangelizzatrice svolta in tanti secoli dall’abbazia cassinese, poi ulteriormente confermata dalle visite di papa Giovanni Paolo II il 18 maggio 1979 e il 20 settembre 1980, nonché da quella che papa Benedetto XVI compì a Cassino e a Montecassino il 24 maggio 2009, concludendola in preghiera presso il sepolcro del santo patriarca Benedetto, che egli, per il suo esempio di santità e dottrina, volle nuovamente proporre alla Chiesa e all’umanità di oggi come testimone dell’unica vera e durevole civiltà, la civiltà dell’amore. Il 23 ottobre 2014, nel secondo anno di pontificato di papa Francesco, la Congregazione per i Vescovi ha confermato che l’abbazia territoriale di Montecassino, con un ambito giurisdizionale ora relativo alla chiesa cattedrale, all’annesso cenobio e al territorio immediatamente circostante con i suoi edifici, costituisce una circoscrizione ecclesiastica equiparata a diocesi.