La Fiaccola benedettina pro pace et Europa una arriva a Santo Domingo de Silos
Dopo una visita guidata del monastero è iniziata la celebrazione Eucaristica alle 12.30 presieduta dal Rev.mo abate Lorenzo Maté e concelebrata dall’Abate Donato insieme a dom Luigi Maria Di Bussolo e ai rappresentanti delle comunità religiose di Norcia e Subiaco oltre che dai monaci di Silos.
L’Abate di Santo Domingo de Silos ha aperto la Celebrazione con un saluto a tutti i presenti che ha evidenziato la gioia di poter accogliere la Fiaccola pro pace et Europa Una durate la sua permanenza in Spagna e il forte significato che in questo momento il messaggio di san Benedetto riveste:
“Cari fratelli e sorelle,
vi rivolgo un cordiale saluto di benvenuto in questa nostra Basilica dedicata a un grande santo benedettino, Santo Domingo de Silos, figlio di San Benedetto da Norcia.
L’omelia, poi, è stata pronunciata dall’Abate Donato che si è soffermato su quanto sia importante abbandonarsi a Dio è alla Sua chiamata per diventare testimoni autentici di Pace a partire dalla nostra realtà di tutti i giorni.
Al termine della Celebrazione, durante la quale la Fiaccola benedettina è rimasta sempre accesa sorretta dai tedofori delle tre città gemellate nel nome di san Benedetto, dalla fiamma della Fiaccola è stata accesa una fiaccola che resterà nel monastero di Silos e sarà accesa il 21 marzo in concomitanza con tutti monasteri a cui è stata donata in questi anni e certamente insieme a Montecassino, Norcia e Subiaco.
Domani sarà la volta della celebrazione nella Cattedrale presieduta dall’Arcivescovo di Madrid, S.E.Mons. Carlos Osoro Sierra.
Il testo integrale dell’omelia dell’Abate Donato:
ABBAZIA DI SILOS
Sabato 5 marzo (Sabato dopo le Ceneri) – Lc 5,27-32
La vita cristiana comporta un cammino di crescita che avrà termine solo quando terminerà la nostra stessa vita. Per questo motivo, dal punto di vista della nostra fede, dobbiamo vivere il tempo che ci è concesso cogliendo le continue occasioni che ci consentono di aderire sempre più e meglio al cammino di sequela del Signore.
La chiamata del pubblicano Levi, narrata dalla pagina evangelica che abbiamo ascoltato, evidenzia la struttura essenziale di questa sequela. Ci dice, cioè, come essa si configuri non solo nel suo momento iniziale (che per noi è quello del battesimo), ma anche nel dipanarsi della nostra esistenza, là dove la Parola del Signore si intreccia ogni giorno con la nostra libertà, chiamandoci a dare la nostra bella testimonianza di fede.
a. L’iniziativa di Gesù: «vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte»
Il vedere di Gesù è un vedere attento. Quel che avviene attorno a lui e le persone che incontra sul suo cammino non sfuggono alla sua attenzione. Gesù non si lascia sopraffare dalla fretta – così tipica, invece, delle nostre società odierne – e non ha timore di fermarsi e di incontrare lo sguardo di chi gli sta davanti, come è avvenuto con Levi. In particolare, lo sguardo che Gesù ha posato su di lui – che, non dimentichiamolo, era un pubblicano, cioè un esattore delle tasse per conto dei Romani – è uno sguardo colmo di misericordia, completamente all’opposto di quelli, sprezzanti e impietosi, che erano generalmente riservati ai pubblicani. A motivo della loro attività, infatti, essi non godevano di alcuna stima, ed erano considerati dei peccatori pubblici.
Gesù, invece, spiazzando tutti, crea in Levi uno spazio aperto nel quale egli possa finalmente percepire di essere considerato e amato per quello che è, e non semplicemente che per quello che fa. Quello sguardo, infatti, innescherà in lui un moto di conversione che trasformerà la sua vita. Levi, il gabelliere, diventerà Matteo, l’apostolo ed evangelista.
Anche la decisione di Gesù di condividere la mensa con i pubblicani, spiazzerà i suoi avversari, suscitando scandalo tra gli scribi e i farisei. Sedere a mensa coi peccatori, infatti, significava diventare impuri come loro! E tuttavia, Gesù, anziché attenuare lo scandalo, lo amplifica, affermando esplicitamente di non essere «venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano», alludendo, in tal modo, al fatto che tutti sono peccatori, e che tutti hanno bisogno di essere raggiunti dal suo sguardo misericordioso. Quest’ultimo non rappresenta, dunque, qualcosa di occasionale o accidentale nell’azione di Gesù, ma esprime la ragione profonda della sua incarnazione, del suo farsi uomo come noi, e dunque della sua missione. Per questo motivo Gesù non si fa rinchiudere entro i pregiudizi dei suoi avversari e i loro schemi pre-confezionati: puri e impuri, giusti e peccatori!
b. La sequela: Gesù «gli disse: “Seguimi!”. Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì»
Collegandoci a quanto dicevamo in apertura – che cioè la vita cristiana è un cammino che non si interrompe se non al momento in cui la vita stessa si interrompe – è interessante notare come la prontezza con cui Levi risponde a quell’imperativo, rivoltogli da Gesù, sia descritta con un verbo al tempo imperfetto. Non si tratta di una semplice sottigliezza linguistica. Al contrario, ci aiuta a comprendere come la sequela di Gesù non si esprima al modo di un’azione puntuale, che si apre e subito si chiude, ma come un’azione che si prolunga nel tempo. La decisione di seguire Gesù, cioè, benché riposi su una decisione di fondo che nasce dalla consapevolezza delle esigenze del nostro battesimo – ha bisogno di essere concretamente reiterata nel tempo. Andare dietro a Gesù è un impegno che va rinnovato quotidianamente.
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Le sollecitazioni che ci provengono da questa pagina evangelica illuminano e sostanziano anche il significato della “Fiaccola benedettina pro pace et Europa una”, e il nostro essere qui, oggi, in un monastero benedettino.
Se san Benedetto è divenuto Patrono principale d’Europa è perché ha saputo rispondere alla chiamata del Signore e seguirlo attraverso una forma di vita – quella monastica – che egli sentiva corrispondere alle sue aspirazioni interiori. Attraverso di essa si è impegnato a vivere alla luce del Vangelo, avendo come punti di riferimento essenziali la centralità del Cristo e il suo sguardo misericordioso, lungimirante, inclusivo, capace di aprire nuovi percorsi attraverso la forza dell’amore che si fa attenzione, dialogo, prossimità, sostegno, solidarietà, condivisione.
Sulla scia del suo Fondatore, il monachesimo benedettino si è impegnato a far suo questo sguardo di Gesù, contribuendo in tal modo all’edificazione di quell’umanesimo cristiano che ha impregnato di sé la nostra Europa, conferendole un’anima.
E tuttavia il messaggio evangelico che Benedetto e i suoi monaci hanno fatto proprio appare come l’unica alternativa ad una convivenza fatta di diffidenze, di pregiudizi, di chiusure, di polarizzazioni violente e bellicose. Non ci è difficile costatare quanto sentimenti negativi di tal genere si insinuino anche all’interno delle relazioni che intrecciamo con gli altri, a cominciare dalle nostre famiglie, e non solo nella macro-storia, come gli ultimi, drammatici avvenimenti dell’invasione dell’Ucraina sono lì a dimostrarci.
Lo sguardo di Gesù, invece, se riconosciuto e accolto – come è avvenuto con Levi/Matteo – è capace di generare percorsi inediti e di far rifiorire la vita e il bene anche là dove sembra dominare la morte e il male.
Apriamoci e rendiamoci vulnerabili anche noi allo sguardo che il Signore ci rivolge ogni giorno. Solo così potremo essere testimoni credibili di amore, di unità e di pace nel tessuto concreto della nostra esistenza, e cooperare efficacemente a rendere questo nostro mondo un po’ più giusto e un po’ più bello. Ci aiuti San Benedetto con la sua intercessione e il suo patrocinio.
Servizio fotografico di Roberto Mastronardi