L’abate Donato presiede la Veglia di Pentecoste in Abbazia

LA PACE, FRUTTO DELLO SPIRITO
Veglia di Pentecoste 2022

Pace è uno dei nomi di Dio. Oltre ad essere amore e luce – come ci ricorda l’apostolo ed evangelista Giovanni (cf. 1Gv 4,8 e 1,5) – Dio è anche pace. Così scrive san Paolo:
«Fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi» (2Cor 13,11).
Come lo è per Dio-Padre, la pace è anche un attributo delle altre due Persone della SS.ma Trinità, il Figlio Gesù Cristo e lo Spirito Santo, che, con il Padre condividono la stessa natura umana e le sue espressioni. È sufficiente riascoltare queste parole dell’apostolo Paolo:

«La pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie!» (Col 3,15).
«Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22).
Ci chiediamo: in che modo può la pace di Dio o di Cristo regnare nei nostri cuori? E che cosa significa “vivere in pace”, sottintendendo la pace che è frutto dello Spirito?
Quando noi pensiamo alla pace, la prima cosa che ci viene alla mente è il suo contrario, la guerra, perché pensiamo istintivamente alla pace come all’assenza di guerre. Purtroppo in queste settimane di guerra se ne parla ogni giorno nei media, dopo che essa è scoppiata a due passi da noi, in Ucraina. Ma anche in altre parti del mondo tanti nostri fratelli e sorelle vivono il dramma e gli effetti perversi di guerre fratricide; fanno esperienza del terrore, dell’odio, della violenza, della distruzione, della barbarie e della morte che ogni guerra porta inevitabilmente con sé. La guerra che vivono sulla propria pelle è l’assenza di una convivenza pacifica, ancor più anelata quando essa viene a mancare.
Tuttavia, se siamo onesti con noi stessi non possiamo non riconoscere che il rancore e la contrapposizione violenta – attraverso parole o gesti – sono presenti anche nell’esperienza della nostra quotidianità. Anch’esse – quando ne facciamo esperienza – rivelano l’assenza della pace. Così come, per un altro verso, anche il senso di inquietudine e di smarrimento di cui la nostra società odierna sembra sempre più pervasa sono espressione della mancanza di pace, interiore innanzitutto, e poi esteriore.
La pace di Dio o di Cristo, la pace “frutto dello Spirito”, è invece il dono concesso ai credenti che si aprono umilmente all’irruzione della grazia nella propria vita. Quando ci apriamo a Dio, il nostro essere e il nostro modo di relazionarci agli altri e al mondo assume la scelta precisa di rifuggire ogni forma di violenza per far prevalere i tratti stessi di Dio, quelli, cioè, dell’amore, della luce, della pace.

Anche se il dono della pace che lo Spirito Santo ci offre non sconfigge automaticamente le negatività che sono in noi e attorno a noi – e che fanno parte della nostra umanità, ferita e limitata –, tuttavia se abbracciamo con tutto noi stessi la pace che lo Spirito Santo ci dona, essa ci difende, mitiga e acquieta le negatività di cui facciamo esperienza, e ci incoraggia a camminare sulle vie del bene favorendo l’accoglienza dell’altro, il dialogo, il rispetto e la comprensione reciproche, la collaborazione sincera nel ricercare vie pacifiche di convivenza e di crescita comune.
Se apriamo, dunque, il nostro cuore allo Spirito Santo – così chiamato perché ci aiuta a santificare la nostra vita – sarà Lui a darci la forza di vivere nella pace e di essere «operatori di pace» (Mt 5,9) in mezzo agli altri. Come declinarlo nella nostra quotidianità?

  • Il desiderio di pace inizia col semplificare la vita e le cose di tutti i giorni, cercando di essere noi stessi in maniera genuina e non artefatta, e di non lasciarci catturare dall’ansia di dover corrispondere a un cliché o a un’immagine che ci siamo fatti di noi stessi o che gli altri ci hanno ricucito addosso.
  • Essere artigiani di pace significa impegnarci con sincerità a smussare in noi stessi quegli angoli e quelle spigolosità che portano a chiusure, che creano barriere e distanze, rendendo difficile la vita a noi e agli altri.
  • Essere testimoni di pace significa contrastare decisamente la tentazione di prevalere sugli altri, allontanare da noi quello spirito cattivo che semina zizzania tramite pettegolezzi e maldicenze, o che addirittura gode nell’alimentare contrapposizioni e divisioni.
  • Nello stesso tempo, essere operatori di pace vuol dire prestarci per mitigare i dissapori e i conflitti, che inevitabilmente sorgono all’interno delle relazioni quotidiane, in famiglia, con gli amici, a scuola, sul lavoro, in comunità, nella realtà sociale, civile e religiosa. L’operatore di pace cerca sempre una via di uscita che salvi la convivenza pacifica.

Amici carissimi, è vero, noi siamo creature piccole e limitate, e tuttavia non dobbiamo dimenticare che il Signore ha deposto nel nostro cuore un tesoro prezioso: lo Spirito Santo, lo Spirito di verità, lo Spirito dell’amore, lo Spirito di consolazione, lo Spirito della pace.

Affidiamoci a Lui e fidiamoci di Lui. Allora potremo sperimentare la sua forza luminosa e il suo sostegno, che niente e nessuno potrà mai toglierci. E così sia!