“Gesù ha dato alla sofferenza e alla morte un nuovo significato”: l’Abate Donato nella domenica delle Palme

DOMENICA DELLE PALME: DELLA PASSIONE DEL SIGNORE

In questa Domenica delle Palme, detta anche della Passione del Signore, siamo messi di fronte alle due prospettive che compongono il “mistero pa-squale” di Gesù: quella riguardante, appunto, la sua passione e morte, e quel-la riguardante la sua glorificazione o risurrezione. Si tratta di due aspetti in-scindibili, che si sostanziano e si illuminano a vicenda.

Mentre, però, il lato luminoso del mistero pasquale, la risurrezione di Gesù, ci appare subito degna di Dio – il Dio della Vita – e della sua onnipotenza, la morte in croce ci disorienta e ci turba profondamente perché ha a che fare con la non-vita, con ciò che non è Dio, e dunque con il non senso.

Eppure – ci chiediamo – perché anche il lato oscuro della morte è divenuto parte ineludibile del mistero della nostra salvezza? Perché, cioè, Gesù ha vo-luto salvarci attraverso la morte di croce, e per questo l’ha abbracciata volon-tariamente?
Già nel corso della sua vita Egli aveva predetto tre volte il suo destino di passione e morte e, nell’intimo del suo cuore, era andato incontro ad esso consapevolmente. In tal modo ha voluto mostrare la sua disponibilità ad as-sumere fino in fondo la nostra condizione umana, prendendo su di sé anche il peccato del mondo e sconfiggendo la morte, che del peccato – come afferma la Sacra Scrittura – è la conseguenza ultima. Così Gesù ha dato alla soffe-renza e alla morte un nuovo significato: un significato redentivo, di elezione, in grado di veicolare l’immenso amore che Dio ha “per noi” e che è stato reso vi-sibile con l’oblazione del Figlio sulla croce.

Quel “per noi” è il motivo per cui Gesù non si è tirato indietro di fronte alla passione e alla morte di croce, ma si è consegnato ad esse offrendo la sua vi-ta, come ebbe a dire esplicitamente ai suoi discepoli nell’ultima cena, e come ci viene ricordato in ogni celebrazione eucaristica con le parole consacratorie che il celebrante pronuncia sul pane e sul vino. Noi siamo i destinatari del sa-crificio d’amore di Gesù!

Su questo sfondo, vorrei invitarvi a rileggere nei prossimi giorni il racconto della Passione che è stato proclamato (cf. Mc 14,1-15,47). In esso si susse-guono diverse scene nelle quali Gesù si confronta con vari personaggi, cia-scuno dei quali vive, a modo suo, il mistero della propria libertà, ossia reagi-sce positivamente o negativamente alla testimonianza di Gesù. Il Signore, pe-rò, indipendentemente da chi gli sta di fronte, non smette di annunciare l’amore del Padre che, per sua natura, vuole raggiungere tutti, anche i nemici e i più lontani.

Nel rileggere il racconto della Passione di Gesù, vi invito dunque a porvi di fronte a Lui per il tramite di quei personaggi che, in un modo o nell’altro, hanno avuto a che fare con Gesù:

  • forse ci sentiremo anche noi un po’ come Giuda o Pietro, a motivo dei nostri piccoli o grandi tradimenti, delle nostre paure o viltà;
  • forse ci rispecchieremo in Pilato, che alla verità antepone le urla della folla, scegliendo, cioè, opportunisticamente di “lavarsene le mani” e di abbandonare Gesù al proprio destino, nonostante lo ritenesse innocente;
  • forse ci sentiremo vicini a Simone di Cirene, perché anche noi – come lui – siamo costretti dalla vita a portare pesi che di per sé non ci toccherebbe portare o non vorremmo portare;
  • forse ci rivedremo in uno dei due ladroni crocifissi assieme a Gesù, in quel-lo che si affida fiduciosamente alla misericordia del Signore o in quello che ostinatamente la rifiuta;
  • forse ci ritroveremo nel centurione che, dopo aver visto Gesù morire in quel modo, si converte e fa la sua bella professione di fede, riconoscendolo come Figlio di Dio;
  • forse ci sentiremo empaticamente attratti dall’atteggiamento risoluto delle donne che stanno presso la croce di Gesù, dimostrandogli in tal modo di essergli rimaste fedeli fino alla fine;
  • forse ci identificheremo con Giuseppe di Arimatea, che provvede a dare degna sepoltura a Gesù nel suo sepolcro nuovo, palesando in tal modo la sua amicizia con Lui, un’amicizia vera, che brilla come tale anche il quel momento drammatico.

A noi, dunque, sorelle e fratelli carissimi, riconoscerci in uno di questi o altri personaggi che affollano il racconto della Passione di Gesù, e contemplare, attraverso i loro occhi, il Signore che, abbracciando volontariamente la soffe-renza e la morte, continua a rivolgere verso di noi il suo sguardo misericordio-so, quello sguardo con cui vuole esprimerci il suo desiderio di salvarci, indi-pendentemente dallo stato d’animo in cui ci troviamo.

Tocca a noi, però, lasciarci raggiungere da questo sguardo, a contatto col quale – come annotava il Card. Carlo Maria Martini, di venerata memoria – ci è dato di sciogliere «i nodi di questioni difficili a comprendersi» e di chiarire «i giudizi su situazioni ambigue», di modo che «ciò che è scoria viene a cadere, e rimane, invece, ciò che evangelicamente vale». E così sia.