“Gesù Risorto trasformi anche le nostre ferite in nuove occasioni di vita”. L’Abate Donato nella Veglia Pasquale a Montecassino

VEGLIA PASQUALE 2022
Lc 24,1-12

Le donne che, il primo giorno della settimana, si erano recate di buon mattino al sepolcro di Gesù per ungerne il corpo, trovarono che la pietra, posta all’imboccatura del sepolcro, era stata rimossa. Una volta entrate, poi, videro che il corpo di Gesù era scomparso. Mentre si domandavano che cosa fosse successo, due uomini in abito sfolgorante – due angeli – si presentarono loro dicendo: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto».

Più che attardarsi sul “come” la risurrezione di Gesù sia avvenuta, i due angeli annunciano semplicemente che Egli “è vivo”, e che, come tale, non dev’essere cercato tra i morti. Tuttavia, l’affermazione che Gesù era vivo non aveva nulla a che fare con un suo ritorno alla vita precedente. Quella nella quale era entrato con la sua Risurrezione era una vita nuova, o meglio era la vita divina che da sempre era sua e di cui si era riappropriato. Ora Egli – come dice san Paolo – «vive per Dio» (Rm 6,10c).

Ciò significa che Gesù risorto continua ad essere al nostro fianco, non cessa di camminare con noi, di condividere le nostre gioie e le nostre pene, di sostenerci con l’amore immenso di cui Lui solo è capace, di continuare a rivolgerci parole che profumano di eternità e che alleviano e rafforzano il nostro cammino di quaggiù.

Ecco perché la domanda che i due angeli rivolgono alle donne quel mattino di Pasqua («Perché cercate tra i morti colui che è vivo?»), continua a risuonare in tutta la sua intensità anche per noi. Stare dalla parte del risorto, il Vivente, significa non cercarlo tra le cose morte, ma dove possiamo far fiorire la vita; significa avvertire in noi la forza nuova del Risorto che illumina e trasforma le profondità del nostro essere e ci aiuta a rimuovere le pietre che impediscono il progresso della nostra fede. Quanti macigni ci trasciniamo dietro! Macigni fatti di ferite, di paure, di pretese esagerate! Quanti irrigidimenti ci portiamo appresso come cose morte e pesanti che rattrappiscono la nostra libertà interiore e ostacolano la serenità e la pace, in noi e fuori di noi! Di quanto peccato o di quanto male ancora non ci siamo liberati!

Guardare a Gesù Risorto come al fulcro della nostra fede ci consente di non rimanere intrappolati nei limiti della nostra finitudine e di non soccombere alle asperità della vita. Illuminati dalla luce della sua Risurrezione possiamo liberare quelle energie che forse sono imprigionate e immobilizzate da una sofferenza che sembra non mollare la sua presa, da uno smarrimento che grava sul nostro cuore, dal male che ci seduce. Con Gesù Risorto possiamo trasformare anche le nostre ferite e ciò che di negativo sperimentiamo in nuove occasioni di vita.

Sì, sorelle e fratelli carissimi, celebrare la Pasqua significa celebrare la festa della luce, quella luce divina che ci fa ritrovare la nostra vera umanità, quella che smarriamo ogniqualvolta optiamo per le tenebre dell’odio, della violenza, del sopruso, ogniqualvolta preferiamo l’abisso della guerra che genera distruzione e morte a progetti di pace e di fratellanza.

E ora, spostando il nostro sguardo da scenari di morte alla luce festosa della Risurrezione di Gesù, fonte di vita e di vita eterna, voglio rendervi partecipi del piccolo-grande miracolo che tra poco avverrà proprio qui, in mezzo a noi. Il piccolo Francesco riceverà il battesimo e sarà generato alla vita divina, diventerà nuova creatura in Cristo Gesù, nella sua morte e risurrezione. Come ci ha detto l’apostolo Paolo nel brano della Lettera ai Romani: «per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova».

Tra poco, dunque, tutto ciò diventerà realtà anche per il piccolo Francesco. Accompagnato e sostenuto dalla fede dei suoi genitori, dei padrini e della comunità cristiana che noi tutti in questo momento rappresentiamo, Francesco rinascerà dall’acqua e dallo Spirito Santo alla vita nuova in Dio, sarà unto con l’olio dei catecumeni che lo abiliterà a lottare contro lo spirito del male, riceverà l’unzione col crisma di salvezza che lo inserirà per sempre in Cristo, partecipe del suo sacerdozio, della sua regalità e della sua profezia. Infine, sarà rivestito della veste candida, segno della sua nuova dignità di figlio di Dio, e riceverà la luce che sarà accesa dal cero pasquale, segno della sua perseveranza nella fede come figlio della luce. Insomma, tra poco anche Francesco diventerà trono di Dio, sua dimora e suo strumento per diffondere nel mondo la luce del suo amore che salva.

Stringiamoci attorno a lui, sorelle e fratelli carissimi, e nel farlo sentiamoci anche sospinti a rinnovare quegli impegni battesimali che un giorno anche noi ci siamo assunti per il tramite dei nostri genitori, padrini e madrine, impegni che non dobbiamo considerare dei pesi – come se limitassero la nostra libertà – ma degli indicatori che ci segnalano la rotta da seguire per essere felici, grazie a Colui, Gesù risorto, che è la fonte della vera gioia e della vera pace.

E allora uniamoci con tutte le nostre forze al grido della Chiesa che, peregrinante sulla terra, loda il suo Signore e a Lui si affida con fiducia e speranza, soprattutto in momenti difficili e tempestosi come quelli attuali, segnati ancora una volta da guerre fratricide. Con le parole di sant’Agostino, «Lodiamo il Signore con la vita e con le labbra, col cuore e la bocca, con la voce e la condotta. (…) Cantiamo l’alleluia pur in mezzo alle preoccupazioni, perché possiamo cantarlo un giorno nella pace totale. Cantiamo l’alleluia in mezzo ai pericoli e alle tentazioni. (…) Canta come fa il viandante, canta, ma cammina. Canta per sostenere la fatica, non lasciarti prendere dall’indolenza. Canta e cammina. Che significa: cammina? Avanza, avanza nel bene. Avanza in rettitudine di fede, in purezza di vita. Canta e cammina». E così sia!