L’omelia dell’abate Luca nella Solennità di San Benedetto patrono d’Europa. 11 Luglio 2024

San Benedetto, patrono d’Europa                                                                                       11 luglio 2024

Letture: Pr 2,1-9; Ef 4,1-6; Gv 17,20-26

 

Nella pagina tratta dal Vangelo di Giovanni che abbiamo appena ascoltato Gesù prega per i suoi discepoli, e ci siamo anche noi nel gruppo dei discepoli e dunque dentro la sua preghiera, e prega affinché possiamo contemplare la sua gloria, quella stessa gloria che egli riceve dal Padre, che lo ha amato prima della creazione del mondo. Siamo al capitolo 17 di Giovanni, nella grande preghiera che Gesù innalza al Padre nell’imminenza del suo arresto e della sua passione. Eppure quest’ora così oscura e tenebrosa è rischiarata dalla luce invincibile della gloria di Dio, che si irradia e tutto illumina, anche le notti apparentemente più impenetrabili. La preghiera di Gesù si apre proprio con questa invocazione, che ha a che fare con il tema della gloria e della sua luce: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te» (Gv 17,1). L’ora che è già venuta è un’ora tenebrosa: è l’ora del tradimento, del rinnegamento, dell’abbandono di Gesù da parte dei suoi discepoli; è l’ora della passione di Gesù, del suo arresto, della sua condanna alla croce, della sua morte. Eppure, proprio mentre si lascia consegnare a questa ora, Gesù parla di gloria, di luce, di vita. Ciò che chiede non è di essere salvato da questa ora, ma che questa ora, in forza dell’amore fedele del Padre e dell’obbedienza amante del Figlio, diventi un’ora di glorificazione e di luce.

Sappiamo come questo tema della gloria e della glorificazione sia caro a san Benedetto e alla sua Regola, e di conseguenza a tutta la tradizione monastica. Ut in omnibus glorificetur Deus, «affinché in ogni cosa sia glorificato Dio», è una sorta di motto che caratterizza la tradizione monastica che riconosce in san Benedetto il proprio padre e il proprio ispiratore. È un’espressione che san Benedetto attinge alla prima lettera di Pietro (4,11). È però significativo il contesto nel quale san Benedetto la utilizza. Mentre Pietro la riferisce al ministero di chi predica la parola di Dio ed esercita un ufficio particolare nella comunità cristiana, san Benedetto la inserisce alla fine del capitolo 57, che è molto concreto, in quanto dedicato a come i monaci debbano svolgere i loro lavori artigianali e ai criteri con i quali fissare il prezzo di vendita dei loro prodotti. «Nel fissare i prezzi – scrive Benedetto – non lascino che si insinui in loro il male dell’avarizia, anzi si venda sempre a un prezzo un po’ inferiore a quello a cui potrebbe vendere la gente del mondo, perché in tutto sia glorificato Dio» (RB 57,7-9). Anche un ambito ambiguo e ambivalente, quale può essere quello del commercio, della vendita, del denaro, sempre a rischio di vizi come l’avarizia, che san Benedetto cita esplicitamente, o di altre tentazioni che egli non elenca ma che possiamo facilmente immaginare, ebbene anche questo ambito può e deve diventare un luogo da rischiarare e illuminare glorificando Dio. Questo atteggiamento è tipico della visione unitaria e concreta di san Benedetto: la glorificazione di Dio si attua non solamente nella vita di preghiera, nell’ascolto della parola di Dio o nella carità fraterna, ma anche in quegli ambiti che potrebbero sembrare del tutto profani come il lavoro, la vendita dei prodotti, il rapporto con il denaro… Chi cerca Dio con verità e sopra ogni cosa, lo cerca in tutti i tempi e gli spazi della propria esistenza e del proprio impegno. E se non sa cercarlo lì, è vano, o falso, che lo cerchi altrove. Davvero in omnibus, in ogni cosa, in ogni ambito dell’esistenza umana, Dio può e deve essere glorificato. Il che significa anche che ogni ambito dell’esistenza umana può e deve essere rischiarato, addirittura trasfigurato dalla luce che viene da Dio.

La vita monastica, come san Benedetto la immagina, la vive e ce la consegna attraverso la sua Regola, è una via trasfigurazione. Non ci porta in un mondo altro, diverso e immaginario rispetto al mondo nel quale tutti vivono. Quello dei monaci è un mondo nel quale si continuano a produrre articoli artigianali e a venderli, è un mondo nel quale si continua a usare il denaro e ad avere relazioni commerciali con gli altri uomini. È il mondo di tutti, ma che viene trasfigurato dalla relazione con Dio, che ci offre criteri diversi per vivere altrimenti le cose di sempre, le cose di tutti.

Un aspetto essenziale di questa trasfigurazione, di questa glorificazione che illumina e rende diverse le cose di sempre, consentendoci di vivere altrimenti, Gesù lo ricorda sempre nel Vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato in questa celebrazione. Gesù prega per la comunione dei discepoli, per la loro unità, perché è proprio questa realtà che glorifica Dio e lo rivela al mondo, permettendo agli uomini e alle donne di ogni tempo di conoscere il suo volto e di gustare la bellezza del suo mistero. Gesù prega «perché tutti siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). Dobbiamo glorificare Dio in ogni cosa e dobbiamo farlo con questa consapevolezza: a glorificare Dio è soprattutto la nostra unità, la nostra comunione, possiamo anche dire: la nostra pace. Per comprendere questa pagina di Giovanni può venirci in aiuto il Vangelo di Luca. Come ben sappiamo, nella notte della natività gli angeli cantano: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli / e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2,14). La gloria di Dio, che si irradia nel più alto dei cieli, si incarna sulla terra nella pace tra gli uomini, ed è la pace tra gli uomini a glorificare davvero Dio nel più altro dei cieli.

Viviamo nella nostra storia ore drammatiche. Un’ora tenebrosa continua a scandire il tempo che attraversiamo. L’ora della violenza, l’ora della guerra, l’ora di troppe morti che non hanno senso. Eppure anche questo tempo deve essere da noi vissuto, nella grazia di Dio e del suo Spirito, come tempo di trasfigurazione. Come tempo in cui glorificare Dio, e lasciarci da lui glorificare, anche in forza del nostro impegno per la pace, della nostra preghiera per la pace. Quest’anno ricorderemo il sessantesimo anniversario della proclamazione di san Benedetto come patrono d’Europa, con la lettera apostolica di san Paolo VI intitolata appunto Pacis nuntius, «messaggero di pace». San Benedetto è patrono d’Europa anche in quanto messaggero di pace. E oggi più che mai anche noi, come lui, dobbiamo essere annunciatori di pace, operatori di pace.

E dobbiamo farlo lasciandoci consegnare altri due atteggiamenti, anch’essi cari a san Benedetto, dalle altre due letture di questa celebrazione. Il primo ci è stato ricordato dal Libro dei Proverbi, ed è l’ascolto, per ricevere e accogliere la sapienza di Dio. Il secondo è raccomandato da san Paolo agli Efesini: comportarsi in modo degno della vocazione ricevuta. La pace, che glorifica Dio, la gloria di Dio che illumina e rischiara le nostre ore più tenebrose, ha bisogno di questi due atteggiamenti, che sono alla nostra portata, che possiamo vivere nell’esistenza di ogni giorno. Vale a dire: vivere con sapienza la propria vocazione. Agire con sapienza, con competenza, con amore della giustizia e della verità, ciascuno nei compiti, nei ruoli, negli impegni, nei lavori che gli competono e che costituiscono la sua vocazione. Anche questo glorifica Dio e diventa luogo di trasfigurazione della storia: adempiere con sapienza, intelligenza, competenza, i propri doveri, cercando non i propri interessi, con avarizia, come ricorda san Benedetto nel capitolo 57 della Regola, ma il bene di tutti, e dunque la condivisione dei beni, la ricerca del bene comune, che è via per l’unità e per la pace, per quell’essere una sola cosa in Dio, nel suo amore e nella sua giustizia, poiché è proprio questo che glorifica Dio e trasfigura la storia.

 

Foto : Zeroproduction