Montecassino, Solennità della B.V.Maria Assunta in cielo: l’omelia dell’abate Luca

Assunzione 2023 Montecassino

15 agosto 2023, Solennità della Assunzione al cielo della Beata Vergine Maria. Alle 10.30 la Comunità monastica di Montecassino si è riunita, come di consueto, nella Basilica Cattedrale per la Celebrazione Solenne presieduta dall’Abate Luca.

La tela del De Matteis nella Basilica Cattedrale

All’interno della Basilica Cattedrale – intitolata a san Benedetto, alla Vergine Assunta in Cielo e a San Giovanni Battista – la Cappella laterale di destra nella zona del Presbiterio, ospita una tela del diciassettesimo secolo di Paolo De Matteis , che riproduce l’Assunzione della Vergine Maria. Anche prima del bombardamento la tela aveva la funzione di pala d’altare, e oggi è l’unica – tra quelle presenti nella Basilica Cattedrale di Montecassino – sopravvissuta alla distruzione.

A trovarla tra le macerie di una Abbazia devastata dal bombardamento alleato, fu il pittore militare Herbert Agricola che aveva ricevuto l’incarico di ritrarre l’antico cenobio benedettino dopo la distruzione.

Davanti a quest’opera d’arte il pittore si trovò preso da un dilemma – come scrisse poi lui stesso in un memoriale in cui raccontò l’episodio riportato nel diario di Guerra di E. Grossetti e M. Matronola. Agricola, infatti, si chiese: «“Si deve… è lecito… si può salvare da sicura rovina un’opera d’arte di questa specie? Una tale pericolosa situazione autorizza il rischio? Io pensai ed agii come lo può fare un pittore».

Un problema di coscienza, dunque, un interrogativo sulla eticità del suo gesto e che lo portò poi – dopo alterne vicende – alla restituzione nel dopoguerra della tela messa in salvo e che riuscì a spedire a Montecassino.

Grazie a questo gesto, quindi, oggi è ancora possibile ammirare la tela restaurata nel posto che aveva e cioè nella cappella dell’Assunta oggi ricostruita.

La Celebrazione di questa mattina

Ed è rimasta illuminata per tutta la mattina e lo sarà fino sera, la Cappella della Assunta nella Basilica di Montecassino; una luce che indica e ricorda anche ai più distratti la ricorrenza del giorno. Lì, oltre alla tela del De Matteis, è possibile ammirare una tela di G.Marullo, ritraente la Sacra Famiglia, e l’Annunciazione di scuola napoletana. Capolavori visibili ogni giorno alle centinaia di persone che quotidianamente si recano alla tomba dei santi Benedetto e Scolastica.

Di seguito il testo integrale dell’omelia pronunciata dall’Abate Luca e alcune foto della Celebrazione.

 

Maria Assunta
15 agosto 2023
Letture: Ap 11,19a; 12,1-6a; Sal 44 (45); 1 Cor 15,20-27a; Lc 1,39-56 

«Maria si alzò e andò in fretta», così l’evangelista Luca introduce il racconto dell’incontro tra Maria ed Elisabetta, che abbiamo appena ascoltato. Questo era anche il tema della Giornata Mondiale della Gioventù, che ha visto, nella scorsa settimana, circa un milione e mezzo di giovani convergere da tutto il mondo a Lisbona, con papa Francesco e moltissimi vescovi provenienti da ogni angolo della terra. Nel messaggio con il quale il papa convocava i giovani a Lisbona, egli ricordava che alzarsi è un’espressione che «assume anche il significato di “risorgere”, “risvegliarsi alla vita”».

In qualche modo Maria vive già, all’inizio della sua vocazione, ciò che vivrà alla fine della sua esistenza, proprio nel mistero che oggi celebriamo: è chiamata a risorgere, a essere la prima donna – primizia dell’intera umanità che in lei si riconosce – a partecipare pienamente del mistero pasquale di suo Figlio, a risorgere con lui e per essere insieme a lui glorificata nell’alto dei cieli. Maria si alza e va in fretta, con sollecitudine, da Elisabetta. Potremmo dire che ella si alza e viene in fretta verso ciascuno di noi, e la sua fretta, ha ricordato il papa a Lisbona, è l’atteggiamento di chi ha una missione da compiere, un annuncio da portare, una gioia da condividere, che non può trattenere egoisticamente per sé, ma sente di dover partecipare agli altri.

Maria va in fretta da Elisabetta perché ha un saluto da condividere con lei, ed è il saluto della gioia. Il saluto che ha ricevuto dall’arcangelo Gabriele, che la invitava a rallegrarsi perché il Signore era con lei, ora è il saluto che Maria porta a Elisabetta e a ognuno di noi: rallegrati, gioisci, perché il Signore è anche con te. Nel racconto di Luca, in pochi versetti, per ben tre volte ricorre questo saluto: «Entrata nella casa di Zaccaria, Maria salutò Elisabetta.

Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Poco più avanti è Elisabetta stessa a riconoscerlo e ad esclamare: «Ecco, appena il tuo saluto è giungo ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo» (cf. Lc 1,40.41.44). E subito dopo è Maria stessa a cantare la sua gioia nel Magnificat. È già la gioia della Pasqua, è già la gioia della risurrezione, è già la gioia della gloria celeste, a fare rialzare Maria e a metterla in cammino, perché anche noi, con lei, possiamo rallegrarci della sua stessa gioia e cantare con lei il suo e il nostro Magnificat, come dovremmo fare ogni giorno nella nostra preghiera.

C’è questo aspetto che mi ha sempre molto colpito, leggendo il Vangelo di Luca, e su di esso vorrei ora attirare la vostra attenzione. Maria canta il suo Magnificat adesso, dopo aver incontrato Elisabetta e avere condiviso con lei la sua gioia. Avrebbe potuto farlo prima. Avrebbe potuto magnificare il Signore dopo avere ascoltato dalle parole dell’arcangelo Gabriele la straordinaria vicenda umana e spirituale che Dio le donava di vivere: diventare la madre del Messia, addirittura la madre del Figlio di Dio, la madre di Dio, con questo inaudito titolo con il quale la veneriamo. Avrebbe potuto cantare il suo Magnificat in quel momento. Invece lo fa ora, dopo avere incontrato Elisabetta e avere ascoltato le sue parole che la benedicono.

Adesso, e non prima, Maria canta il Magnificat. Adesso, e non prima, Maria è nella pienezza della gioia, proprio perché la sua gioia non è rimasta una gioia solitaria, ma è diventata una gioia condivisa. Maria la condivide con Elisabetta, la condivide con il figlio che Elisabetta custodisce nel suo grembo, e la condivide anche con noi, con ciascuno di noi, con tutti coloro che diventano figli e figlie della sua singolare maternità spirituale.

Oggi celebriamo la solennità di Maria Assunta, ma questa è anche la festa di ciascuno di noi, perché sappiamo che ella desidera vivere non da sola, ma insieme a noi la gioia e la gloria del cielo, la gioia e la gloria dei risorti, perché, come scrive san Paolo ai Corinzi, «se per mezzo di uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita» (1Cor 15,21-22). Tutti coloro che muoiono in Adamo, tutti ricevono la vita in Cristo. Ciò che Maria già vive in modo straordinario, diventerà ciò che anche noi vivremo, come lei, in Cristo.

Ma il dinamismo pasquale, che Maria vive e desidera condividere con noi, non riguarda solo il nostro destino futuro, concerne anche la nostra vita presente. In modi molteplici e diversi. Ne vorrei sottolineare in questo momento uno. Nell’incontro tra Maria ed Elisabetta contempliamo l’incontro tra due madri, in particolare tra due donne che vivono una maternità straordinaria. Elisabetta è sterile, anziana, eppure concepisce un figlio e diviene madre. Maria è addirittura vergine, eppure, in modo ancora più straordinario, concepisce un figlio e diviene madre.

La vittoria della Pasqua sulla morte è anche vittoria della vita sulla nostra sterilità. Non solo ci fa rialzare, ma ci rende fecondi. Lo ricorda anche la lettura dell’Apocalisse, che ci mostra l’immagine di una donna che partorisce, e nonostante tutte le minacce del drago, simbolo di ogni forma di male, suo figlio viene custodito da Dio. C’è un parto; finalmente c’è un parto! Infatti, dietro l’immagine di questa partoriente possiamo intravedere un testo di Isaia, che paragona anch’egli il popolo di Dio, Israele, a una partoriente. E tuttavia, scrive il profeta,

Come una donna incinta che sta per partorire / si contorce e grida nei dolori, / così siamo stati noi di fronte a te, Signore. / Abbiamo concepito, / abbiamo sentito i dolori / quasi dovessimo partorire: / era solo vento; / non abbiamo portato salvezza alla terra / e non sono nati abitanti nel mondo (Is 26,17-18).

Spesso siamo così: partoriamo, ma partoriamo solo vento; i nostri sforzi, i nostri impegni, per quanto attraversino il travaglio di una lunga gestazione, risultano inconcludenti, non portano salvezza, non cambiano il mondo, non generano un’umanità nuova. Ma ora ecco finalmente l’annuncio di salvezza dell’Apocalisse, che fonda la nostra gioia: ora la donna, che è simbolo non solo della vergine Maria, ma dell’intero popolo di Dio che in lei si rispecchia, ora partorisce e partorisce un figlio destinato a regnare. E questo figlio è certo Cristo Signore, ma in lui anche i nostri sforzi e il nostro impegno ricevono senso, tutto ciò che partoriamo acquista efficacia, e per quanto minacciato dal drago e da tutto il male che esso rappresenta, viene rapito presso Dio e il suo trono, partecipa cioè della sua signoria, porta salvezza al mondo, non è perso e non è sprecato, riceve compimento.

Ecco la buona notizia, il saluto della gioia, che Maria assunta in cielo, ma pur presente nella nostra storia, ci annuncia. Ella ci dice che anche noi, come lei, saremo rialzati dalla morte per divenire per sempre partecipi in cielo della gioia del risorto, ma ci dice anche che la nostra vita, nonostante il male che ci minaccia e tenta di corromperci il cuore, può già ora diventare feconda e partorire nel tempo che viviamo tanti segni di bene, di vita, di novità, per i quali possiamo e dobbiamo cantare insieme a Maria il nostro Magnificat.

Quando, finita questa celebrazione, tornerete nelle vostre case, riprendete in mano il vangelo, e pregate, da soli ma meglio se insieme ad altri, il Magnificat di Maria. E pregatelo cercando di fare memoria dei tanti motivi di gioia per i quali potete e dovete ringraziare il Signore.