L’abate Luca alla presentazione del libro del Prof.Pistilli “Lo Statuto di s. Germano – dell’Abate Tommaso I”

L'Abate di Montecassino alla Presentazione del libro di Emilio Pistilli a Cassino 1 giugno 2023

“La storia é magistra vitae solo se ha discepoli attenti”. L’Abate di Montecassino, Dom Luca Fallica, alla presentazione del libro di Emilio Pistilli “Lo Statuto di s. Germano – dell’Abate Tommaso I”

È stato presentato ieri pomeriggio, giovedì 1 giugno, presso la sala degli Abati del Palagio Badiale di Cassino il libro di Emilio Pistilli dal titolo  “Lo Statuto di s.Germano- odierna Cassino-dell’Abate Tommaso I 1285/1288. Un modello di organizzazione urbana in pieno medioevoEdizione CDSC APS. Moderatrice degli interventi la sempre impeccabile Maria Cristina Tubaro.

I Saluti

Si tratta di un volume dal grande valore culturale, la cui pubblicazione è stata realizzata con il contributo della Banca Popolare del Cassinate. Il presidente Vincenzo Formisano, ha affermato : “La Banca Popolare del Cassinate ha sostenuto sin dall’inizio la pubblicazione di questo pregevole volume, dedicato ad un documento di straordinaria importanza storica, ovvero lo Statuto di San Germano, emanato tra il 1285 e il 1288 al tempo dell’Abate Tommaso I. Un documento che per quasi settecento anni è rimasto inedito e che è stato possibile conoscere grazie al lavoro di Emilio Pistilli e del Centro Documentazione Studi Cassinati. Sono  molto emozionato oggi al cospetto di questi illustri ospiti e ringrazio il prof.Pistilli per il suo lavoro perché sono convinto che una comunità che non ha memoria delle proprie origini non può avere un futuro.

Oggi, questo documento viene pubblicato e studiato in maniera approfondita nel volume di Emilio Pistilli e ci che consente di illuminare non semplicemente un periodo storico, ma un’intera società, un modo di vivere e di sentire, un’organizzazione comunitaria. Al tempo stesso, questo documento ci testimonia ancora una volta lo straordinario ruolo ricoperto da Montecassino e dagli abati che, nel tempo, l’hanno guidata: la nostra amata Abbazia è stata un punto di riferimento non solo religioso e spirituale, ma anche sociale, economico e culturale.”

Nel suo saluto, il sindaco di Cassino, Enzo Salera, ha sottolineato proprio “quanto siano state e siano importanti per il territorio in cui viviamo la cultura e la storia benedettina, quanto abbiano caratterizzato una svolta nella storia non solo della nostra città ma dell’ Europa  e dell’umanità intera, anche attraverso la trasmissione della cultura classica.

Questo libro rimarrà nelle biblioteche della scuole della nostra città e quindi siamo ancor di più grati alla Banca Popolare della città di Cassino che non si tira mai indietro quando si tratta di territorio, di conservazione e diffusione della cultura e delle nostre radici.”

Presente all’evento anche l’Arcivescovo Emerito di Gaeta Mons. Bernardo D’Onorio, fino al 2007 Abate di Montecassino: “ L’Abate Tommaso I rende più semplice quello che già l’Abate Bernardo Aiglerio aveva ratificato nel suo Regesto. In appena 74 articoli elenca come vada gestita nel rispetto di tutti la res publica.  È quindi uno scritto di grande ricchezza e anche curiosità se vogliamo. Siamo grati al caro professore Pistilli di questa sua ulteriore e utile fatica. Sì, la definisco fatica perché ricercare, scrivere e poi editare è fatica. Grazie per l’impegno della Banca Popolare del Cassinate perché è sempre in prima linea affinché la Cassino di una volta possa ancora parlare alla Cassino di oggi e farne luogo di ricerca e di studio sempre insieme ai monaci di Montecassino.”

Gli Interventi

L’argomento è certamente di interesse per tutti i cassinati e ancor di più per l’Abate Luca che da gennaio di quest’anno è stato chiamato a guidare la millenaria abbazia benedettina di Montecassino che sovrasta proprio la città di Cassino, antica San Germano. Questi primi mesi sono funzionali , infatti,  ad avvicinarsi e conoscere meglio la realtà che di fatto lo ha adottato.

E conoscerne la storia è un primo passo per entrare nel presente, nella realtà attuale come sottolinea egli stesso nell’intervento che riportiamo integralmente:

“Mi unisco anche io ai ringraziamenti per tutti coloro che hanno reso possibile questa pubblicazione. Anzitutto al suo autore, il prof. Emilio Pistilli, che con la sua paziente ricerca rende accessibile anche per noi lo Statuto di san Germano, dell’Abate Tommaso I (1285-1288), rimasto inedito per quasi settecento anni, e poi pubblicato, in forma più ridotta, sul primo numero di Studi Cassinati, e ora ampliato ed edito in forma autonoma. E ringrazio anche la Banca Popolare del Cassinate, in particolare nella persona del suo Presidente, il prof. Vincenzo Formisano, per aver voluto pubblicare questo saggio.

Mi unisco, dunque, a questo ringraziamento più corale, e al tempo stesso lo rendo molto personale. Infatti, per me che sono giunto da poco a Montecassino, e mi sto pian piano inserendo in questa realtà che prima di questi mesi conoscevo davvero assai poco e da lontano, è fondamentale ascoltare e leggere tutto ciò che può aiutarmi a comprendere e interpretare questo territorio, la sua storia, le sue vicende non solo temporali, ma anche culturali, sociali, giuridiche. È evidente che la mia preoccupazione è conoscere e comprendere l’attuale contesto civile, religioso, culturale, ma non è possibile farlo, anzi sarebbe riduttivo se non addirittura fuorviante, pretendere di farlo in modo avulso dalla storia e da tutto ciò che lo ha preceduto.

Per conoscere davvero e comprendere in modo autentico un dato reale, occorre scavare il terreno e ricercare le sue radici. Anche quando sono radici molto remote nel tempo, come lo Statuto di san Germano, che risale al tredicesimo secolo, anche se poi ha continuato a esercitare la sua incidenza in epoche successive. D’altra parte le radici possono essere molto antiche, e tuttavia continuano ad alimentare l’albero, consentendogli di produrre frutti sempre nuovi, nelle diverse stagioni che una dopo l’altra si succedono nella storia. E dunque, anche per comprendere i frutti del nostro tempo, è importante non dimenticare o trascurare le radici.

Siamo soliti dire che la storia è magistra vitae, è maestra di vita, ma questo non è un fatto automatico, qualcosa che va da sé. Come in ogni insegnamento, il maestro, la maestra hanno bisogno di scolari attenti, disposti a imparare. Altrimenti non riesce a insegnare nulla. E dunque io cerco anche di diventare uno scolaro, un discepolo attento e docile, per imparare dalla storia che ci ha preceduto. E quindi, strumenti come quelli che Emilio Pistilli ci mette a disposizione, sono utili, a tutti e in questo momento a me in modo particolare.

La memoria autentica è generativa

Credo di averlo già detto in altre occasioni, in questi primi mesi di presenza a Montecassino, o anche qui, nei vostri territori ai piedi dell’abbazia, e scusatemi se mi ripeto. A me colpisce sempre un elemento che troviamo nell’ebraico biblico, e dunque nei testi delle Scritture. Il termine ‘memoria’, o il verbo ‘ricordare’, in ebraico sono espressi dalla radice zakar. Anche il nome Zaccaria è costruito su questa radice e significa appunto «Dio ricorda». Ja: Dio; zakar: ricorda. La cosa interessante è che la medesima radice indica l’elemento maschile che si unisce all’elemento femminile e lo feconda, consentendogli di generare nuova vita. Quando nel Libro della Genesi si dice che Dio li creò «maschio e femmina», maschio in ebraico è detto appunto con il termine zakar, dunque con la stessa radice che esprime il termine memoria o il verbo ricordare.

Probabilmente, si deve questo uso linguistico al fatto che, in una religiosità qual era quella ebraica delle origini, nell quale non era maturata ancora la fede nella risurrezione dai morti e in un mondo futuro, la sussistenza di una persona dopo la morte era affidata al figlio che generava. Il figlio doveva essere nel tempo la memoria del padre defunto. Oggi noi, in un contesto religioso e culturale differente, possiamo apprezzare il valore simbolico del duplice significato di zakar: la memoria autentica è generativa, è feconda. Genera storia nuova. È come se il passato, di cui facciamo memoria, fecondi anche il nostro presente, per generare un futuro diverso. La memoria autentica, dunque, non è mai nostalgica, volta cioè a riportarci indietro, al passato, è sempre memoria profetica, apre orizzonti nuovi, indica direzioni di cammino, addita un futuro diverso.

Questo mi pare possa essere anche il modo con il quale dobbiamo guardare e studiare il passato, per trovarvi in esso non solo un insegnamento, nella logica che ricordavo prima della storia come magistra vitae, ma addirittura una profezia, per interpretare il nostro presente e intuire i cammini da intraprendere per il futuro. Come diceva il grande cardinale brasiliano, protagonista della stagione conciliare, dom Helder Camara, «ricordare significa rifare la strada».

Non nel senso di ripetere le stesse strade di prima, ma nella consapevolezza che, nonostante tutte le difficoltà, gli ostacoli, le contraddizioni che oggi possiamo incontrare, è ancora possibile percorrere una strada buona, bella, positiva, di costruzione di un mondo più giusto, più solidale, più umano, e proprio perché più umano più degno di Dio, che ama abitare le città e le case degli uomini, quando sono città e case abitate dalla giustizia, dalla verità, dalla sapienza di una vita buona.

Uno spaccato di vita effettiva

E allora possiamo trarre qualche punto utile di illuminazione per il nostro tempo anche da questo studio dedicato a una delle sue radici medievali.
Sottolineo brevemente tre punti:

  1. Lo Statuto di san Germano, come evidenzia Emilio Pistilli nello studio che lo introduce e lo commenta, proprio per il suo carattere giuridico teso a regolamentare la vita urbana, in tutti i suoi molteplici aspetti, civile sociale economico, ci consente di alzare il velo su uno spaccato di vita effettiva, senza idealizzazioni o al contrario false deformazioni. Quando ci si riferisce a modelli del passato, il rischio è infatti sempre duplice: o di idealizzare il passato, come una sorta di età dell’oro o di paradiso perduto, da riconquistare, o al contrario di sfigurarlo, con la falsa pretesa di essere noi molto migliori di loro. Non per nulla il cosiddetto secolo dei lumi ha imposto al Medioevo la distorta etichetta di secolo buio. E invece dal Medioevo possono venirci molte luci, insieme certo anche a tante ombre, ma luci che possono rischiarare anche la nostra epoca. Diversamente da ogni possibile idealizzazione o deformazione, uno statuto giuridico e organizzativo come quello di cui oggi parliamo ci disegna il volto reale di una convivenza urbana, con tutti i suoi problemi, i suoi conflitti, le sue contraddizioni, ma anche le sue attenzioni, le sue garanzie, le sue felici intuizioni. Cito qui un passaggio significativo del saggio di Emilio Pistilli:

Nei vari articoli [dello Statuto] vengono citate norme relative alla vita dei campi, alle merci, al prezzo, alla vendita delle carni e del pesce, alla disciplina dei beccai, alla vendemmia, alla viabilità, ai cittadini, all’approvazione annuale degli statuti. Analizzando i vari articoli possiamo avere una visione ampia e veritiera della vita nella città di S. Germano nel secolo XIII.

Conclude poi, citando il Sella, «questo il piccolo mondo comunale illuminato dallo statuto». Dunque, attraverso la sua regolamentazione, è la vita stessa che traspare, e ci è possibile conoscerla, nella sua concretezza, evitando sia le idealizzazioni sia i pregiudizi negativi. E questo è un primo elemento assai utile, proprio per il nostro tempo, che questo studio ci offre. Ma insieme ad esso, ci viene consegnata un’indicazione di riflessione, come pure un criterio operativo. Lo dico come lo direbbe papa Francesco, con una delle sue quattro celebri polarità, o i quattro principi per la vita sociale menzionati dalla Evangelii Gaudium, e cioè che «la realtà è più grande dell’idea».

Ma ci è utile, in questo contesto, anche l’altro principio: il tempo è superiore allo spazio. Il tempo, anche il tempo storico, con le sue evoluzioni, i suoi tornanti, ci aiuta a comprendere meglio la realtà, e non soltanto la sua indagine spaziale, di come si dà qui e adesso. Lo spazio lo si comprende nella luce del tempo e dei processi storici che lo hanno determinato. Tutto questo implica per noi un principio di adesione alla realtà, così come è, così come si dà. È con essa che ci dobbiamo confrontare, non con dei modelli idealizzati o astratti o astorici. È la maturità con cui si sa assumere il reale e lo si organizza a plasmare la qualità di interventi concreti, tanto di tipo politico, o economico, o sociale, o amministrativo.

Un modello di organizzazione urbana in pieno Medio Evo
  1. Un secondo elemento che desidero sottolineare: come recita il sottotitolo di questo saggio, lo Statuto di san Germano ci presenta «un modello di organizzazione urbana in pieno Medio Evo». Sottolinea Pistilli: «si presenta come regolamento di polizia municipale, urbana, rurale, annonaria e di mercato: non contiene alcuna norma di diritto privato, penale o processuale». Al centro dell’attenzione c’è dunque l’organizzazione urbana, e dunque comunitaria, prima e sopra gli interessi o i diritti dei singoli. In un’epoca come la nostra, nella quale i diritti individuali, spesso disgiunti da quelli che dovrebbero essere i correlativi doveri, sembrano rivendicare una prevalenza assoluta, rimettere al centro le relazioni, o la stessa organizzazione comunitaria, è un’altra indicazione preziosa, non solo utile, ma necessaria.
I valori cristiani nelle regolamentazioni
  1. Infine, il terzo aspetto che evidenzio, e che è già sottolineato ampiamente nel libro, anche nella presentazione dell’Abate Donato, di cui cito un passaggio significativo: «Per quanto riguarda gli statuti, il cui scopo era quello di ottenere un’efficacia gestione dei vari ambiti della vita sociale, non va dimenticato che, trattandosi di un contado monastico, le regolamentazioni rispecchiavano i valori cristiani dai quali attingevano la loro ispirazione. Fattore che acquista ancora più importanza se si pensa che la loro centralità era declinata all’interno di una società – quella medievale – in cui i signorotti di turno tendevano spesso a dimenticarli, se non addirittura a sopprimerli. L’ancoraggio a un substrato cristiano era dunque un’ulteriore garanzia del rispetto dovuto ai diritti basilari delle persone che vivevano all’ombra dell’abbazia». E il professor Pistilli rimarca come, sia negli Statuti sia nel privilegio che era stato già concesso dall’abate Bernardo ai cittadini di san Germano e san Pietro al Monastero nel 1267, «si rende evidente la volontà abbaziale di favorire in ogni modo gli abitanti» con «concessioni di mera prodigalità non usuali nella società del tempo. Le signorie locali avevano ridotto gli uomini a oggetti: nessun atto della loro vita poteva essere fatto senza il consenso del proprio signore. Le Carte di libertà furono una reazione al passato, che aveva imposto norme ed aveva circoscritto la libertà dei cittadini».

Anche questo è un elemento da cui trarre luce per l’oggi. Siamo ormai in un contesto storico e culturale diverso. Come ha ricordato anche di recente papa Francesco, dobbiamo prendere atto che è definitivamente tramontata l’epoca della cristianità. Già diversi decenni fa uno storico cattolico importante come Pietro Scoppola scriveva di una «nuova cristianità perduta». Ma, come affermavo all’inizio, la memoria non deve essere nostalgica, ma profetica. Non deve cioè indurci a desiderare degli impossibili e sterili ritorni al passato (la nostalgia originariamente, in greco, significa dolore per un impossibile ritorno), ma a profetizzare vie nuove per il nostro tempo, che siano in grado di scelte e di testimonianze ispirate dal Vangelo, capaci di mediare i suoi criteri e le sue urgenze in un contesto secolare, o secolarizzato, come il nostro.

E sono alcuni criteri già presenti, pur rispettando le differenze e le diverse proporzioni, nello Statuto dell’abbate Tommaso: alludo soprattutto a quei criteri che mettono al centro dell’attenzione la persona e le sue relazioni, più che l’individuo assolutizzato e sciolto da ogni legame; più la prospettiva comunitaria che non l’orizzonte soggettivistico o peggio privatistico; più la benevolenza che non la costrizione o la punizione; più la solidarietà che non l’interesse individuale; più la libertà che non l’omologazione, più il bene comune che non il vantaggio di pochi privilegiati, più la custodia della natura e del creato, che non il suo scriteriato sfruttamento.

Da limes a limen

Concludo con un’immagine: il latino ci consegna due termini che sono simili, condividono la stessa etimologia, ma che sono distinti da una sola consonante, quella finale, che però è decisiva. Sono il termine limes e il termine limen. Limes dice confine, che tende a separare, a chiudere. Limes è sempre confine, ma da intendersi come soglia, apertura, passaggio. Così credo dovrebbe essere il nostro rapporto con ogni norma o legge, tanto religiosa, quanto morale o giuridica. Più che essere limes, che blocca, costringe, impedisce, dovrebbe diventare limen, che al contrario apre e ci orienta a compiere il bene, un bene personale e non individuale, un bene comune e condiviso, tra molti e non tra pochi.”

L’Abate Donato Ogliari, oggi abate dell’Abbazia di San Paolo Fuori le Mura a Roma e abate di Montecassino all’epoca della stesura del libro da parte del professor Pistilli, non ha potuto partecipare personalmente alla presentazione per sopraggiunti impegni in Abbazia. Nella sua prefazione al volume ricorda come:

“Secondo la documentazione giunta fino a noi, nell’XI secolo anche nella Terra Sancti Benedicti inizia a prendere forma un’organizzazione sociale nella quale le comunità locali sono fatte oggetto, da parte dell’Abbazia di Montecassino, di privilegi o concessioni (si pensi alle Carthae libertatis di Suio e di Traetto) e di statuti volti a regolamentare la vita civile e, allo stesso tempo, a riorganizzare la macchina amministrativa della signoria monastica.

Per quanto riguarda gli statuti, il cui scopo era quello di ottenere un’efficace gestione dei vari ambiti della vita sociale, non va dimenticato che, trattandosi di un contado monastico, le regolamentazioni rispecchiavano i valori cristiani dai quali attingevano la loro ispirazione. Fattore che acquista ancor più importanza se si pensa che la loro centralità era declinata all’interno di una società – quella medievale – in cui i signorotti di turno tendevano spesso a dimenticarli, se non addirittura a sopprimerli. L’ancoraggio ad un substrato cristiano era dunque un’ulteriore garanzia del rispetto dovuto ai diritti basilari delle persone che vivevano all’ombra dell’abbazia.

La Statuto di S. Germano di cui qui si occupa il Prof. Emilio Pistilli – già benemerito nel campo della storia locale – fu emanato al tempo dell’Ab. Tommaso I, tra il 1285 e il 1288, ed è contenuto nel Regesto II (del medesimo abate) conservato nell’Archivio di Montecassino.

Al di là delle norme che davano voce e corpo al bisogno di instaurare rapporti basati sulla giustizia, figuravano anche quelle riguardanti la salvaguardia dell’ecosistema, come il divieto di accendere fuochi al di fuori dei tempi prestabiliti e quello di non inquinare le acque. Da ciò si evince come il contatto con la natura non fosse vissuto in maniera esclusivamente funzionale, nella logica di un mero sfruttamento delle sue risorse, ma fosse perseguito all’interno di un rapporto dialogico di mutuo e rispettoso scambio: la natura andava trattata bene perché da essa si riceveva il proprio sostentamento. Si tratta di norme che conservano intatta la loro attualità, soprattutto nell’epoca odierna in cui lo sfruttamento indiscriminato e selvaggio della natura ha portato ad una ritorsione di quest’ultima nei nostri confronti e al verificarsi di un palese squilibrio che va urgentemente risanato.

Senza dubbio lo Statuto di S. Germano che – nella sintesi del Prof. Pistilli – racchiude un «regolamento di polizia municipale, urbana, rurale, annonaria e di mercato» (p. 20), ci offre uno spaccato di vita medievale in cui il monachesimo benedettino, in quello stesso luogo in cui il suo Fondatore aveva redatto la sua Regola e nel quale aveva esalato il suo ultimo respiro, aveva già intriso del suo ethos la vita della società rurale del tempo.

Ancora una volta – se mai ci fosse bisogno di reiterarlo – siamo ricondotti a toccare con mano la concretezza della proposta benedettina che, alla luce dell’ora, labora et lege, ha saputo favorire ed incrementare un progresso il più possibile armonico della convivenza civile nei suoi diversi risvolti. Il riconoscere questo ruolo esercitato dal monachesimo benedettino non solo nella Terra Sancti Benedicti ma, grazie alla sua capillare espansione, anche in tutto il Vecchio Continente, è un segno di obiettività storica che dovrebbe indurci a mettere in atto una sana riappropriazione delle nostre radici, non in nome di una sterile nostalgia, ma perché continuando ad attingere alla fonte del nostro iter identitario possiamo essere sospinti a costruire un futuro sempre più giusto e umano.”

Ultimo interessante intervento quello del prof. Gaetano De Angelis Curtis, Presidente del Centro Documentazione e Studi Cassinati che, ricordiamo, nel dicembre 2021 si è fatto promotore della apposizione nella zona del bivio che porta a Montecassino, di una stele in ricordo del Placito Cassinese e di una epigrafe tratta dalla Divina Commedia di Dante Alighieri in cui il Sommo Poeta parla di San Benedetto e Montecassino definendolo “Quel Monte a cui Cassino è ne la Costa“.

Il Prof De Angelis ha evidenziato come la letteratura degli ultimi anni abbia descritto la realtà monastica come qualcosa di cupo e fatto di intrighi, vedi “Il Nome della Rosa” di Umberto Eco, ad esempio. Ma grazie ai monaci e ai monasteri la civiltà moderna ha avuto ” Osservatori astronomici, testi scientifici, studi di meterologia, e tanto tanto altro. Non da ultimo questo testo oggetto di studio del prof. Pistilli e che oggi presentiamo. Uno Statuto emenato per tutelare gli interessi della città di San Germano e che ha trovato poi applicazione in altri centri della zona. Un documento eccezionale dunque, una sorta di istantanea dell’organizzazione di vita medievale in cui si rendeva necessario disciplinarla nei vari aspetti quotidiani anche igienico-sanitari.”

Il prof Emilio Pistilli, autore del libro, ha ringraziato i presenti e soprattutto la lungimiranza e l’impegno nella trasmissione del sapere che da sempre caratterizza la Banca Popolare del Cassinate che lo ha tra i cardini della sua mission aziendale.

Nel suo volontariamente breve intervento ha ricordato come ne avesse già realizzato una «pubblicazione nel primo numero di “Studi Cassinati” nel 2001; ma questa nuova edizione è ampiamente accresciuta perché si tratta di  100 pagg. a colori, ed è destinata alla gente di Cassino perché abbia conoscenza di una pagina importante della propria storia passata. Nel documento l’abate di Montecassino dà, infatti,  un fulgido esempio di generosa magnanimità in tempi in cui regnava una sorta di dispotismo tra i signori dell’epoca.

Quello dello statuto di San Germano fu uno strumento di oculata gestione del territorio e delle genti interessate: fu “segno di una civiltà dalle radici cristiane che volgeva verso un inarrestabile progresso sociale con l’uomo protagonista”, come si legge nella Prefazione. Molti degli articoli dello Statuto sono oggi di assoluta attualità. I Cassinati potranno esserne particolarmente fieri, e spero che questo mio lavoro serva proprio a questo». Molto interessante il racconto di un aneddoto in cui ha spiegato la difficoltà nel risalire tramite dizionari al reale significato di alcuni termini incontrati nel documento originario e di come sia riuscito a tradurli solo grazie all’intuito supportato da studi di fonetica e da persone della zona nelle cui espressioni linguistiche ancora si rintracciano segni di una lingua che va scomparendo.

Il servizio fotografico è di Roberto Mastronardi